Il Ministro della Giustizia leghista Castelli interviene addirittura a “Quelli che il calcio..”, programma di intrattenimento sportivo di cui Rustico è ospite nella puntata successiva alla manifetsazione, accusando l'Assessore proprio per la partecipazione a essa. I partiti della destra chiedono la soppressione della convenzione da poco siglata dal Sindaco con l'assemblea del Pacì Paciana: dopo le coltellate, gli agguati e le bottiglie molotov, l'attacco politico al centro sociale approda ora in Consiglio comunale. Le accuse da parte de L'Eco di Bergamo e dei partiti del centro destra vengono indirizzati alla Giunta comunale, come se fosse direttamente coinvolta nell'organizzazione della protesta e dovesse perciò risponderne in prima persona. Oltre alla volontà di mettere in difficoltà la Giunta comunale (alimentando le divergenti posizioni espresse all'interno della maggioranza sulla manifestazione), emerge l'obbiettivo principale della polemica mediatico-politica, quello cioè di costringere il Sindaco Bruni a stracciare la convenzione con il centro sociale.
Di seguito la rassegna stampa.
L'Eco di Bergamo, lunedì 14 febbraio 2005
NESSUNO SCONTO CON CHI USA LA VIOLENZA
A questo punto facciamo fatica a capire se sia più grave quanto è avvenuto sabato pomeriggio alla manifestazione del Pacì Paciana in centro città o l'atteggiamento di alcune autorità che fin dalle prime dichiarazioni hanno cercato di minimizzare la gravità dei fatti. È pur vero che la manifestazione era autorizzata e che non ci sono stati incidenti e neppure tafferugli (con buona pace della Sinistra Antagonista, che ci accusa di disinformazione, sappiamo ancora distinguere un accoltellamento da chi scrive sui muri), ma è altrettanto vero che a un gruppo di fanatici col viso coperto da maschere bianche è stato concesso di prendere a martellate le telecamere, imbrattare decine di muri e vetrine, insultare chiunque e perfino incendiare il tendone di un esercizio pubblico. Il tutto, sotto l'occhio (poco) vigile e (molto) tollerante delle forze dell'ordine che aprivano e chiudevano il corteo. Perchè, lo chiediamo anzitutto al sindaco, tanta fatica a chiamare con il loro nome questi teppisti? Perché non ammettere che si è data fiducia a giovani subito pronti a tradirla e mostrarsi comprensivi con chi negli slogan e nelle scritte inneggia alla «violenza proletaria», a «10-100-1000 Nassiriya» o a «rubare tutto e di più»? Forse perché sono di sinistra e l'attuale amministrazione preferisce tenerseli buoni? Il sindaco Bruni, che è persona seria e responsabile, farebbe bene a svestire per qualche ora i panni garantisti del penalista e provare a ripercorrere le vie in cui si è snodata la manifestazione ascoltando i residenti e i commercianti. Oppure a confrontare – se proprio non vuole dare importanza agli avversari politici – le sue dichiarazioni all'acqua di rose della prima ora con quelle di alcuni partiti del centrosinistra ed esponenti della sua amministrazione molto più espliciti di lui nel condannare le devastazioni. Ma soprattutto Bruni farà bene a trarre delle conseguenze di fronte agli atti vandalici commessi l'altro giorno, interrogandosi, insieme agli alleati del centrosinistra, sull'escalation di violenza politica che si sta verificando e che, peraltro, coinvolge anche frange dell'estrema destra. Non dimentichiamo che l'iniziativa – svoltasi dopo la rissa fra il gruppo di «Azione giovani» e alcuni esponenti dell'area dei centri sociali avvenuta al piazzale degli Alpini nel Giorno della Memoria – aveva l'appoggio di Ds, Rifondazione, Verdi e Udeur. E anche se adesso alcuni dirigenti di queste forze alzano la voce contro i manifestanti, una maggior prudenza non avrebbe guastato da parte di chi ha in mano le sorti di una città. Un discorso a parte meriterebbe la presenza nel corteo dell'assessore alle Politiche giovanili Rustico, la cui imbarazzante ingenuità ha finito per coinvolgere indirettamente le istituzioni, nonostante la tardiva retromarcia. Uno scivolone che ha poche giustificazioni e che, a mente fredda, meriterebbe per lo meno delle scuse soprattutto nei confronti di quei cittadini che si trovano, loro malgrado, a dover pagare i danni prodotti dai «ragazzi» dei centri sociali. Il terzo capitolo riguarda l'atteggiamento delle forze dell'ordine. Siamo d'accordo con il questore che intervenire a muso duro durante la manifestazione sarebbe stato come gettare un fiammifero in una polveriera, ma ci ha sorpreso e spaventato la sua prima dichiarazione: «Non c'è alcun provvedimento da prendere». Durante la manifestazione magari no, ma adesso non solo è auspicabile bensì necessario che uno per uno i teppisti vengano individuati e denunciati alla giustizia. Sono stati commessi reati e come tali vanno considerati se non si vuole alimentare un clima di sfiducia nei confronti di chi ha il compito di garantire l'ordine pubblico. Nessuno può permettersi, per nessuna ragione, di umiliare e ferire in questo modo la città: anche la violenza nei confronti delle cose va stigmatizzata e perseguita. E se qualcuno, di destra o di sinistra, vuol riportare indietro l'orologio del tempo, al clima di intolleranza degli anni '70, deve essere subito isolato. Bergamo è cambiata e non ha nessuna voglia di subire le paranoie di giovani borghesi ribelli contro il sistema quel tanto che li fa sentire diversi, eppure nel sistema perfettamente a loro agio. Ettore Ongis
LA MARGHERITA PRENDE LE DISTANZE DA BRUNI
«Non siamo disposti a tollerare silenzi e sottovalutazioni». Dura condanna dei Ds alle violenze
Il sindaco: saremo parte civile, il Pacì Paciana dia spiegazioni. Stasera Consiglio, opposizioni all'attacco
Comunicato della Margherita il giorno dopo: «Oltre a esprimere la netta condanna senza giustificazione alcuna di ciò che è accaduto nel corso della manifestazione, non siamo disposti a tollerare silenzi e sottovalutazioni di ciò che è accaduto da parte di consiglieri comunali, assessori o altri rappresentanti delle istituzioni. Prima di dare la disponibilità a confrontarsi sulle questioni ancora aperte relative all'uso degli spazi o alla ristrutturazione del capannone occupato dal Pacì Paciana, il Comune deve pretendere che vi sia da parte dello stesso centro sociale una ferma condanna di quanto è accaduto». A giudicare dai toni del comunicato diffuso ieri – assieme a un ordine del giorno da discutere stasera in Consiglio comunale – dalla segreteria provinciale (retta da Giovanni Sanga), cittadina (Ebe Sorti Ravasio) e dal gruppo consiliare (presidente Fiorenza Varinelli), la manifestazione del Pacì Paciana non avrebbe fatto danni solo per le vie del centro. Le conseguenze rischiano di avere dei riflessi anche sul piano politico e sugli equilibri di una maggioranza che di prove ne ha già dovute superare parecchie. Difficile leggere diversamente il riferimento «ad assessori e altri rappresentanti delle istituzioni». Difficile non pensare, in quest'ottica, al clamore suscitato dalla partecipazione (a titolo personale, ben s'intende) di Fabio Rustico e alle dichiarazioni rilasciate a caldo dal sindaco, giudicate troppo tiepide. Soprattutto quando aveva argomentato quel sottile distinguo tra i vandalismi in centro («Fermo restando che per certi episodi sconfinanti nell'illegalità non c'è ovviamente alcuna giustificazione e la condanna è totale, i vandalismi fini a se stessi risultano ancor più incomprensibili di altri, come quelli delle telecamere, dietro i quali c'è comunque una logica, anche se assolutamente condannabile»). Ieri Bruni è tornato sull'argomento: «Visto che i danni riguardano il patrimonio comunale, l'amministrazione incaricherà il proprio legale di procedere in qualità di difensore della persona offesa, oltre a costituirsi parte civile non appena sarà possibile. I rapporti col Pacì Paciana? Affinché il dialogo che c'è stato finora prosegua sugli stessi binari, è indispensabile che vengano fornite delle delucidazioni, in quanto, come minimo, c'è stata una responsabilità per omesso controllo da parte degli organizzatori». Basterà a placare gli animi prevedibilmente agguerriti delle opposizioni e di quanti anche all'interno della maggioranza hanno visto di cattivo occhio la partecipazione, anche se a titolo personale, dell'assessore allo Sport e alle politiche giovanili Fabio Rustico? A giudicare dai toni sarà una mediazione davvero dura. Nel frattempo il primo assessore a farsi vivo è Antonio Misiani : «Gli episodi di sabato sono inaccettabili – afferma l'assessore al Bilancio –, come inaccettabile è qualunque atto di vandalismo che si è verificato in passato. Quanto successo rischia di scavare un fossato profondo e incolmabile tra i promotori della manifestazione e la città. Ognuno di loro si assuma le proprie responsabilità e si renda conto di avere fatto un gigantesco favore a chi non attendeva altro che di strumentalizzare ogni cosa». E sull' ordine pubblico Misiani ritiene «necessaria una riflessione con le autorità per vedere cosa non ha funzionato e come agire in futuro per evitare che si ripetano simili episodi di inciviltà». «Non riesco a capire in alcun modo perché telecamere, tendoni e muri – incalza il segretario provinciale dei Ds Maurizio Martina – debbano diventare obiettivi di una manifestazione. Le responsabilità dei danni vanno accertate subito e con chiarezza. Spero che il Pacì Pacina batta un colpo: è ora che faccia un passo in avanti responsabile verso la città». «O questa città se la "riprendono" tutti i cittadini che vogliono e chiedono democrazia, partecipazione, vivibilità – completa il ragionamento il segretario cittadino Matteo Rossi – oppure ognuno rimarrà all'interno dei propri confini, a tutto vantaggio di quelle destre che oggi usano elettoralmente i loro sbagli. Pensiamo ad esempio alle dichiarazioni di Daniele Belotti pronto a stracciarsi le vesti in questi casi e, invece, sempre assolutamente muto quando si tratta di condannare il teppismo di una frangia minoritaria della tifoseria calcistica». La replica di Daniele Belotti non si fa attendere: «Se per giustificare certi episodi – ha ribattuto il consigliere leghista – bisogna per forza attaccarsi ai tifosi dell'Atalanta, vuol dire che le forze di maggioranza si trovano proprio in grande imbarazzo. Il fatto grave non sono solo gli incidenti, ma gli appoggi politici e l'adesione dei partiti, oltre che di un assessore, alla manifestazione. Allo stadio c'è di tutto, teppisti compresi, ma non si fa politica». Altro assessore, altra condanna: «È stata una brutta giornata segnata dall'intolleranza e dall'impunità – è la dichiarazione di Valter Grossi –. Dinnanzi ad atti illegali e violenti i veri democratici non devono ammettere zone franche, né consentirsi ammiccamenti di sorta. L'esperienza recente ha già insegnato cosa produce la sottovalutazione di certi fenomeni». E, in attesa che qualcuno del Pacì Paciana si faccia vivo (anche ieri dai responsabili del centro sociale non è arrivato alcun commento), qualcuno, pur condannando gli episodi di vandalismo, abbozza una spiegazione: «Abbiamo aderito al corteo per manifestare la nostra solidarietà al Pacì, dopo i numerosi attacchi, ben più che vandalistici subiti negli ultimi mesi – spiega Marcello Saponaro , coordinatore provinciale dei Verdi – e bene hanno fatto ad aderire gli altri partiti, non solo di sinistra. I vandali di ieri, a detta di molti, appartengono a gruppi e centri sociali non bergamaschi». Saponaro apprezza poi il comportamento della Questura e delle forze dell'ordine: «Hanno condotto pacificamente il corteo fino al termine e, con sano realismo, hanno evitato ogni azione che potesse alzare la tensione». «Se di inciviltà del Pacì Paciana si parla – è la sottolineatura di Orio Zaffanella , segretario Provinciale dell'Udeur che ha aderito alla manifestazione – allora dobbiamo parlare anche dell'inciviltà di certi politici che a Bergamo hanno prodotto il nefasto connubio tra la politica e gli affari». Il deputato azzurro Giorgio Jannone dichiara che «attraverso interrogazioni e interpellanze Forza Italia porrà nelle sedi opportune, locali e nazionali, tre domande: se l'assessore Rustico conferma di essere uscito dal corteo al momento in cui la manifestazione è degenerata; se non era prevedibile quanto successo; infine, per quanto riguarda l'ordine pubblico, se sia stato fatto tutto il possibile per evitare l'accaduto». Totale, infine, la condanna dei giovani di Forza Italia. Scrive Daniele Lussana: «Ci discostiamo completamente da questo modo di fare politica che non rappresenta assolutamente la maggioranza della realtà giovanile bergamasca». Queste le prime reazioni, all'appello manca Rifondazione Comunista. L'appuntamento è per questa sera in consiglio alle 17.45. Sul tavolo ci sono già due ordini del giorno. Oltre a quello della Margherita, ne è già stato presentato un altro da An: «Chiediamo – si legge nel documento firmato da Franco Tentorio e Alessandra Gallone – ai partiti che hanno aderito, o comunque hanno in qualche modo condiviso la manifestazione, di esprimere la loro piena condanna e il loro totale dissenso rispetto agli episodi di gratuita violenza accaduti». Due inoltre le richieste all'amministrazione: revocare immediatamente la convenzione appena stipulata con il centro sociale Pacì Paciana, che prevede la ristrutturazione dell'immobile (del valore finale di quasi un milione e mezzo di euro) e la sua assegnazione a canone super-ridotto, e destinare le somme previste per la ristrutturazione «alla riparazione o sostituzione dei beni comunali distrutti o danneggiati e al risarcimento di tutti i danni provocati a negozi, edifici pubblici e privati». Infine An – che chiede la costituzione di parte civile nel procedimento legale verso i responsabili degli atti vandalici – condanna il comportamento di Rustico «che da un lato non ha detto una parola di solidarietà ai ragazzi di Azione Giovani vittime della recentissima aggressione e dall'altro si è schierato platealmente con i giovani di sinistra che volevano "riprendersi la città"». Emanuele Falchetti
BUFERA SUL QUESTORE. «MA REAGIRE ERA PEGGIO»
Tremaglia chiede un'inchiesta ministeriale: perché le forze dell'ordine non sono intervenute? La replica di Longo: «Una nostra reazione avrebbe potuto avere gravi conseguenze»
Da un lato il ministro per gli Italiani nel mondo, Mirko Tremaglia, esige spiegazioni e promette di far aprire un'inchiesta sull'operato del questore. Dall'altro il questore Salvatore Longo ribadisce che un intervento della forza pubblica per fermare gli atti vandalici di sabato avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi. Ben più gravi di scritte sui muri che, comunque, Longo non esita a condannare e per le quali – dice – potrebbero presto fioccare le denunce. Quel che resta del corteo di sabato, organizzato dal centro sociale Pacì Paciana «Contro il nazismo e il fascismo – riprendiamoci la città», non sono soltanto scritte a bomboletta spray e vandalismi in mezza città, ma anche polemiche che potrebbero superare i confini di Bergamo e arrivare fino a Roma. «Chiederò al più presto al ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu – ha dichiarato infatti Mirko Tremaglia – che venga aperta un'inchiesta sulla vicenda di Bergamo». Le accuse di Tremaglia sono precise: «Il questore – ha affermato il bergamasco ministro degli Italiani nel mondo – ci deve dire che disposizioni ha dato ai suoi uomini per la gestione del corteo di sabato pomeriggio in centro città. Perché, ad esempio, di fronte alle imbrattature di alcuni partecipanti sui muri del centro i poliziotti non sono intervenuti? Perché di fronte al principio d'incendio al tendone di un bar non hanno fatto nulla? Non credo che la colpa sia delle forze dell'ordine, intese come singoli agenti che si trovavano in servizio sul posto, bensì di chi ha gestito male la situazione». Un intervento della forza pubblica non avrebbe potuto far degenerare la situazione? «Quel che è certo – ritiene Tremaglia – è che non si può lasciare a nessuno la libertà di compiere reati e lordare la città. Altrimenti si corre il rischio di stabilire il principio che simili cose si possono fare senza ostacoli. Anche il sindaco, che è persona perbene, credo sia preoccupato da questa situazione: quella di sabato pomeriggio è stata una brutta pagina per la città. Mi auguro che i responsabili possano pagare per quanto hanno fatto». Il questore, nell'occhio del ciclone, continua a dirsi tranquillo. Anche di fronte alla ventilata apertura di un'inchiesta sul suo operato: «Nella gestione dell'ordine pubblico – ha infatti ricordato Salvatore Longo, che per la cronaca ha seguito passo passo la manifestazione di sabato per tutta la sua durata – occorre calcolare i rischi che si corrono con un eventuale intervento della forza pubblica. È chiaro che il deturpamento di muri e gli atti vandalici sono fatti gravi e da condannare. Tutt'altra cosa è un intervento fisico in una manifestazione: occorre valutare il danno che si provoca con una reazione della forza pubblica nei confronti dei manifestanti, in pieno sabato pomeriggio. E in un centro affollato. Noi al corteo c'eravamo eccome, e con un grosso apparato impegnato, oltre che in manifestazione, anche nel presidio accurato di tutti i possibili obiettivi istituzionali e di partito: la Prefettura, il Comune, la sede di Alleanza Nazionale, "L'Eco di Bergamo". Abbiamo fatto una valutazione tecnica e preso una decisione che riteniamo giusta: un nostro intervento avrebbe avuto conseguenze ben più gravi di quanto è effettivamente accaduto sabato pomeriggio. Questo per chi ha esperienza nel nostro mestiere è fuor di dubbio». Ma qualcuno pagherà per l'accaduto? Lo stesso questore promette però che sarà fatto di tutto per identificare e denunciare i responsabili degli atti vandalici di sabato pomeriggio, nonostante molti degli autori abbiano agito a volto coperto da maschere o passamontagna, mentre sporcavano muri o oscuravano a martellate le telecamere di videosorveglianza del Comune: «Coloro che si sono resi responsabili di questi atti – ha affermato Salvatore Longo – saranno identificati e denunciati: abbiamo i filmati della manifestazione. Siamo in contatto anche con altre questure, perché molti tra i manifestanti che si sono resi autori delle imbrattature provenivano da fuori Bergamo. Questo complica ovviamente le indagini». Secondo la Digos, in corteo c'erano oltre duemila manifestanti provenienti da tutta Italia: ci sarebbero stati arrivi da Milano, Brescia, Varese, Pisa, Livorno, solo per citare alcune città. E sull'inchiesta che Tremaglia intende far aprire, nessun commento particolare da parte di Longo, che conclude: «Mi sento tranquillo». Vittorio Attanà
DOPO IL CORTEO, LA TV: SCOPPIA IL CASO RUSTICO
L'assessore-calciatore ospite di «Quelli che il calcio» manda su tutte le furie il ministro Castelli
Scoppia il caso Rustico. Dopo la partecipazione dell'assessore-calciatore alla manifestazione organizzata dal centro sociale Pacì Paciana, che ha lasciato dietro di sé una scia di vandalismi, ieri il caso è arrivato alla tv nazionale, sollevando polemiche. Rustico è stato ospite alla trasmissione «Quelli che il calcio», andata in onda nel pomeriggio su Raidue, e la cosa non è piaciuta al ministro della Giustizia Roberto Castelli, che ha chiesto l'intervento della commissione di vigilanza. «Nel corso della trasmissione – afferma il Guardasigilli – i conduttori Simona Ventura e Gene Gnocchi avrebbero infatti dato spazio a un assessore comunale di Bergamo, Fabio Rustico, che sabato ha partecipato ad un corteo no global durante il quale è stato messo a soqquadro il centro della sua città con numerosi atti di vandalismo». «In questi giorni – continua il ministro – un canale televisivo nazionale sta lanciando un concorso su "cosa sei disposto a fare per andare in televisione". La risposta è molto semplice: basta partecipare a un corteo no global, uno di quelli dove i partecipanti imbrattano le città e si lasciano andare ad atti vandalici. È quanto è accaduto all'assessore del Comune di Bergamo che sabato ha partecipato al corteo del centro sociale Pacì Paciana e che ieri si è ritrovato in onda su un canale del servizio pubblico, omaggiato quale luminoso esempio di impegno sociale dall'ineffabile duo Gnocchi-Ventura». «Devo ammettere che – aggiunge Castelli -, dopo quasi quattro anni di governo, non siamo riusciti a cambiare molte storture di questo sistema. Penso alla legge Mancino, penso ai reati di opinione ma penso anche all'enorme ingiustizia secondo la quale come cittadino sono costretto, "ope legis", a contribuire a pagare attraverso il canone Rai cachet multimilionari a due personaggi di cui non condivido nulla. Spero che la commissione Rai intervenga su questa vicenda». Su questa linea anche il vice presidente del gruppo di Forza Italia Antonio Leone: «È intollerabile – ha detto – che all'interno della trasmissione venga dato spazio a persone che, pur ricoprendo incarichi pubblici, partecipano a cortei no global compiendo atti vandalici e mettendo a soqquadro il centro della propria città». Rustico, dal canto suo, ha spiegato: «È evidente che non condivido minimamente ogni forma di violenza – ha commentato – ma ero lì per sostenere il loro diritto a manifestare. Quando però ho visto che alcuni tra i manifestanti si lasciavano andare a episodi di violenza me ne sono andato». Sulla questione è intervenuto anche il sindaco Roberto Bruni: «Quanto alla partecipazione al corteo – ha dichiarato il primo cittadino – si è trattato di una scelta del tutto personale e privata, come lo stesso Rustico ha detto a me e ha ripetutamente dichiarato. Politicamente, può essere stata un'ingenuità e un'imprudenza. Ma ritengo che altro non gli si possa rimproverare». Sulle critiche mosse dal ministro Castelli per l'intervento a «Quelli che il calcio»: «Non ho visto il programma – ha detto Bruni – ma immagino si sia parlato solo di calcio. Se così è stato, trovo le parole del ministro del tutto inopportune e fuori luogo».
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L'Eco di Bergamo, martedì 15 febbraio 2005
BRUNI: IL PACI' PACIANA CONDANNI I RAID
Dopo la gaffe di Rustico, che si scusa, Belotti smaschera Amorino: c'era anche lui al corteo
Il sindaco invita a non strumentalizzare e conferma la totale fiducia ai due assessori passaggi ha chiesto scusa anche al Belotti. «Per essermi appropriato della sua idea di dare il nome dello stadio ai Bortolotti». E a quel punto tutto è stato molto più chiaro: c'era anche dell'altro in quel duello. Non che non bastasse l'affaire Pacì Paciana, beninteso: una patata bollente che porta l'assessore allo Sport (e alle Politiche giovanili) a chiedere scusa per i fatti di sabato. «Mi sento responsabile anche nei confronti dei cittadini: mi rendo conto di avere creato dei problemi anche all'amministrazione. Il mio è un distacco netto, mi dissocio: è l'ho detto anche a loro». Che altri non sono che i ragazzi del Pacì Paciana: «Mi sono arrabbiato con loro, perché se non erano in grado di controllare una manifestazione non dovevano organizzarla: è stato controproducente». Ma questo non significa una chiusura al dialogo: «Io credo che dove ci siano realtà problematiche e contraddittorie sia un dovere politico confrontarsi. Mi avevano avvertito che avrebbe potuto essere controproducente confrontarsi con il Pacì Paciana, e sabato prima della manifestazione ho anche pensato di non andarci. Ma dopo le violenze che avevano subito ho pensato che fosse umanamente importante essere lì». Anche se «la mia cultura mi porta a farmi identificare con tutti quei cittadini che hanno assistito ai fatti, e mi discosto da tutti quei fatti che mi hanno fatto realmente vergognare». Fermo restando «la legittimità della manifestazione» e qualche bacchettata ricevuta: «Mi hanno dato dell'inesperto e dell'ingenuo, e probabilmente è vero». E tutto sommato a Fausto Amorino, collega all'Ecologia, va anche peggio, visto che sul finale del suo «j'accuse» il Belotti tira fuori il coniglio dal cilindro: «Anche lei sabato era alla manifestazione. Quindi gli assessori erano due: uno ingenuo e l'altro vigliacco. Perché qui siamo di fronte a un atto di vigliaccheria politica. Chiedo ad Amorino e al sindaco come ci si senta ad aver lasciato Rustico a fare da parafulmine». E ricordando il famoso blocco mattutino delle auto, il pasticcio della nevicata di gennaio e il Pacì Paciana show, il Belotti getta un occhio al calendario e arriva a una conclusione in salsa Tricolore: «Prima il mercoledì verde, poi il giovedì bianco e infine il sabato rosso». Rustico e Amorino, due assessori, una sola richiesta: «Dimissioni». Amorino incassa e fa ammenda, magari non in modo così inequivocabile come Rustico, ma la fa: «Non ho mai avuto buoni rapporti con quel centro sociale: ritengo comunque sia un luogo di positiva aggregazione. Pensavo che la manifestazione potesse far crescere un nuovo rapporto con la città e invece sono cresciute nuove barriere. Per stupidità, o magari per una sapiente regia di chi è venuto da fuori, perché tutti hanno capito che non è stata gente del Pacì Paciana a creare i problemi». Fatto sta che ora il centro di via Grumello «rischia l'isolamento» per colpa di qualcuno che Amorino definisce «pseudorivoluzionari». E a se stesso rimprovera «di non avere avuto il coraggio di contrastare questi episodi, ma era gente che non conoscevo». E dopo aver condannato le scritte «che in sé mi danno fastidio, in più alcune erano aberranti e non so se sia l'aggettivo adatto», il titolare all'Ecologia invita a «ricominciare al confronto». Aspetto toccato anche dal sindaco, che conferma «piena fiducia a Rustico e Amorino» e avvisa il centrodestra: «Per condannare la violenza bisogna avere credito e non strumentalizzare certi episodi a fini politici. Serve una condanna seria che non diventi strumento di polemica» E Bruni ricorda «che non esiste violenza buona e violenza cattiva: è sempre cattiva. Dobbiamo essere capaci di condannarla senza se e senza ma». Cosa che magari la sua stessa maggioranza non ha fatto in modo sempre chiaro nel dibattito di ieri. Ma su una cosa Bruni non transige: «Il diritto di manifestare è costituzionalmente garantito». Certo, qualcosa andrà rivisto «come orari e modalità delle manifestazioni». E anche il rapporto con il Pacì Paciana: «L'interlocuzione sarà possibile solo se condanneranno quanto successo. Credo molto in questo dialogo se vogliamo impedire che questi giovani prendano una deriva sbagliata». Nell'attesa si fanno i conti: 65 mila euro di danni alle telecamere e 11 mila per le scritte sugli immobili. Il saldo in rosso di un sabato da dimenticare. Dino Nikpalj
SCRITTE E TELECAMERE: DANNI PER 76 MILA EURO
Su per giù 76 mila euro. È la prima stima dei danni lasciati alle spalle dalla manifestazione di sabato del centro sociale Pacì Paciana. È il sindaco Roberto Bruni, nel suo intervento di ieri sera in Consiglio comunale, a rendere noto il bilancio. Si tratterebbe di 65 mila euro per riparare le telecamere devastate, tra via Quarenghi e piazzale Matteotti. In particolare sono 3 le telecamere danneggiate in maniera irreparabile, e quindi da sostituire; 2 quelle danneggiate ai cavi elettrici, da aggiustare. E altri 11 mila per ripulire i muri imbrattati. Il sindaco non ha fornito una tempistica degli interventi (la fontana di piazza della Libertà è già tornata «linda», vedi foto), ma si è limitato a precisare che darà ordine di pulire le scritte anche dagli edifici privati, dove gli slogan siano particolarmente offensivi. Per la pulizia di monumenti o edifici di particolare rilevanza il Comune di solito fa intervenire una ditta esterna specializzata, la «Puliserio» di Seriate, che garantisce un servizio ininterrotto 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno. In questo modo, si può intervenire non appena viene individuata la scritta, anche in orari notturni. Il costo e la durata dell'intervento variano a seconda della vernice usata e dalla superficie interessata. In media, ogni intervento viene a costare dai 100 euro in su. Per gli interventi meno delicati entrano in azione la Bas o gli operai del Comune. In commercio sono disponibili anche prodotti «anti-graffiti», in grado di facilitare la rimozione del colore. Si tratta di soluzioni idrorepellenti che non intaccano né la cromatura della superficie, né la porosità della pietra su cui vengono applicate. Il prezzo può variare da una decina a una cinquantina di euro a metro quadro. Se la parete protetta da vernice antigraffito viene imbrattata, esistono prodotti specifici per ripulire il tutto. In questo caso, il prezzo si aggira sui 9 euro per metro quadrato.
«SOLO UNA MONTATURA MEDIATICA»
Rifondazione, il verde Bertoli e il diessino Crescini attaccano la stampa e la cronaca degli incidenti
Scritte anche sulle vetrine dei negozi
Ieri sera a Palafrizzoni c'era chi si sentiva «a disagio ad intervenire nel dibattito» perché «francamente non ho capito bene di che stiamo parlando». Trattasi di Maurizio Morgano, consigliere di Rifondazione, che dopo aver mostrato una copia de L'Eco di lunedì e aver spiegato «di non capire le pagine di questo giornale» ha ripercorso passo a passo la lista degli episodi che avrebbero visto vittima il Pacì Paciana. Dall'accoltellamento di Piazza Vecchia al rogo, passando per il ferimento di un giovane a Capriate e aggressioni all'esterno del centro sociale. Tutti episodi che Morgano definisce di stampo fascista, senza dubbi di sorta, e che hanno coinvolto esponenti del centro sociale. «Episodi che L'Eco ha messo in 16ª o 21ª pagina. Mentre sugli episodi di sabato, che assolutamente condanniamo, si è creata una bagarre che francamente non capisco, con titoli in prima pagina». Da cui l'invito a «riportare le cose nella loro giusta dimensione». Un parere non isolato dalle parti di Rifondazione, visto che l'assessore all'Edilizia Privata Roberto Trussardi ritiene «che L'Eco abbia strumentalizzato e ingigantito a dismisura la vicenda per danneggiare l'amministrazione che non ha nessuna colpa». Amministrazione «che è parte offesa, non c'entra nulla. Si sta usando la stampa come un manganello. E mi dispiace che una parte politica della maggioranza, la Margherita, si sia prestata a questa strumentalizzazione». Nota bene, non è che allontanandosi dalla sinistra radicale le cose ci vadano meglio. Perché per il verde Roberto Bertoli c'è la certezza che «le scritte sui muri non sono violenza né teppismo, ma strumento di battaglia politica». E soprattutto non capisce perché un giornale «L'Eco, che spesso è serio, o quasi sempre è serio, si sia prestato a un'esaltazione di atti che sono successi tante volte». Segue lettura di qualche titolo giudicato eccessivo ed esortazione finale: «Ma per favore, per favore: Eco di Bergamo, credo che il senso della misura sia fondamentale per un giornale così importante». E più ci si avvicina al centro della sinistra e più le acque si fanno agitate. Lo si capisce quando prende la parola il diessino Claudio Crescini, che spiega i due motivi per cui L'Eco avrebbe creato quella che definisce, bontà sua, «una montatura mediatica». Uno: «Basta vedere a pagina 13 di domenica, dove il sindaco ha rilevato la necessità di bypassare la stampa locale. Credo che il sindaco sia stato avvisato: se si mette in contrasto con il giornale locale, può subire degli attacchi molto pesanti». Due: «La campagna elettorale. Non c'è nulla di male, L'Eco non è un giornale indipendente e non ha mai dichiarato di esserlo. È un giornale cattolico, di parte, di proprietà della Curia e il suo direttore è di Comunione e Liberazione: giusto così, non è il direttore de L'Unità o del Manifesto, deve fare la campagna per Formigoni». Segue descrizione delle 7 foto riservate al presidente dopo la sua visita a Bergamo e sublime comparazione con un organo di stampa birmano dove vige una dittatura militare e il locale leader ne avrebbe avute solo 5… Morale: «Il generale invierà i suoi giornalisti a Bergamo per un corso». Grazie di averci avvertito, prepariamo il posto.
E COSI' QUATTRO INDIANI DELLA SINISTRA HANNO TROVATO I COLPEVOLI: SIAMO NOI DELL'ECO
Dunque, è stato trovato il colpevole dei raid teppisti di sabato: siamo noi de «L'Eco». Colpevoli, secondo alcuni esponenti della maggioranza di Palafrizzoni (il verde Bertoli, il diessino Crescini e Trussardi e Morgano di Rifondazione), di aver enfatizzato oltre misura quel brutto pomeriggio. Non ci vengono contestate l'esattezza della ricostruzione della vicenda e la fedeltà delle dichiarazioni riportate, ma di aver costruito ad arte un evento mediatico con intenti vagamente complottisti: siamo alla vigilia della campagna elettorale per le regionali e «L'Eco» si schiera con Formigoni. Ne fa fede – secondo i conti di chi ha stilato questo capo d'imputazione – il fatto che il giornale, il giorno della visita del presidente della Lombardia a Bergamo, ha dedicato al governatore più foto di quante ne abbia pubblicate un giornale birmano in omaggio al presidente-dittatore di quel Paese. A parte l'ineleganza e l'improponibilità di una simile analogia, ci sia consentita (possiamo utilizzare un verbo tipicamente berlusconiano?) una breve e serena replica a questi signori, nella augurabile consapevolezza da parte di costoro che anche noi de L'Eco abbiamo qualche diritto, almeno pari a quelli che vengono riconosciuti ai bravi ragazzi che si sono fatti prendere la mano in centro città sabato pomeriggio. Le accuse che ci vengono rivolte sono quanto meno scontate e singolari. Scontate perché quando certi politici vengono beccati con le mani nella marmellata e non sanno più che pesci pigliare ribaltano la frittata: e allora i giornalisti hanno capito male come al solito, oppure fanno dello scandalismo. Chi ci attacca da questo versante ricorda gli indiani di Tex Willer che per confondere l'avversario e dare l'idea di essere in tanti sollevavano un polverone legando frasche e cespugli ai cavalli. Le critiche di questi esponenti della sinistra nei nostri confronti oltre che scontate sono poi singolari: il dovuto risalto che abbiamo dato in sede di cronaca è confortato, oltre che dall'evidenza dei fatti, anche dalle allarmate reazioni di autorevoli dirigenti della stessa maggioranza. Proviamo a rinfrescarci la memoria. Per il vicesindaco Ebe Sorti Ravasio, della Margherita, quanto avvenuto «è intollerabile, un segno di inciviltà». Per il diessino Dario Guerini, i protagonisti di quel pomeriggio «sono imbecilli, seminatori di intolleranza e di violenza». Vogliamo forse pensare che le numerose proteste giunte al nostro giornale sono parte di una trama di biechi berluscones e formigoniani occulti? In realtà, ci sembra che questo genere di accuse tradisca una tentazione bulgara se non birmana: quella di avere la stampa amica, allineata e coperta, capace all'occorrenza di non vedere e non sentire. E a proposito di Formigoni vorremmo ricordare ai nostri detrattori che si sono persi un giro e un'altra grande foto: pochi giorni fa abbiamo dedicato una pagina alla vicenda del petrolio iracheno che ha chiamato in causa il governatore e, nella prima pagina, abbiamo collocato la notizia nella stessa posizione che le ha assegnato – udite, udite – «Repubblica». Se vogliamo andare oltre, bypassando i nostri critici per parlare di politica vera e propria, la nostra impressione è che questa Giunta, per altri versi apprezzabile e anche capace di autocorreggersi come nel caso delle scuse dell'assessore Rustico, si ritrovi un po' smarrita quando deve gestire crisi che escono dall'orizzonte della routine: era già successo con il mercoledì nero del traffico e si è replicato sabato. Sembra quasi che a volte la catena di comando non percepisca in modo adeguato il senso concreto della realtà e le sue possibili conseguenze: non era così difficile mettere nel conto anche l'opzione che le cose sabato sarebbero potute finire così. Quanto a noi, e lo ricordiamo a quegli zelanti che sembrano preferire la stampa della Birmania a «L'Eco», abbiamo dimostrato autonomia verso la Giunta Veneziani e manteniamo tale atteggiamento verso la Giunta Bruni. Una dialettica e un civile confronto, sempre rispettosi di coloro che amministrano la cosa pubblica e senza la presunzione di avere, noi, sempre e comunque ragione. La nostra autonomia – che non ci impedisce peraltro di valutare positivamente alcune scelte fatte da questa amministrazione – spiacerà a chi ci vuole mettere la sordina, ma da noi usa così: in Birmania sappiamo che le cose sono diverse. Chi ci tiene può provare per credere: buon viaggio, con l'augurio che sia consentito anche il ritorno.
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L'Eco di Bergamo, mercoledì 16 febbraio 2006
IL PACI': «CHIEDERE SCUSA? NEANCHE PER IDEA»
Il centro sociale non arretra dopo il raid: spaccare le telecamere non è violenza, il fatto che ci spiano sì «Scrivere sui muri è la nostra comunicazione». La Digos visiona i filmati: difficile rintracciare chi era mascherato
«Non abbiamo intenzione di scusarci con nessuno per la quantità di scritte lasciate lungo il percorso». Pur dichiarando di essere stati attaccati per colpa di una «quota fisiologica di imbecillità che un corteo si porta appresso», i ragazzi del centro sociale Pacì Paciana ammettono le proprie responsabilità per le devastazioni di sabato pomeriggio in centro, ma non hanno alcuna intenzione di chiedere scusa alla città per quanto avvenuto. A tre giorni dai raid gli organizzatori del corteo si fanno sentire attraverso un lungo documento – con argomenti sopra le righe e seriamente discutibili – apparso ieri pomeriggio sul sito internet del centro sociale. Nessun cenno autocritico, ma un rilancio dei motivi che hanno spinto al raid in centro alcuni partecipanti al corteo di sabato. «Della violenza sinceramente non abbiamo visto traccia – spiegano i ragazzi del Pacì -. È sleale chi oggi ci accusa per devastazioni mai avvenute. Affumicare seppur involontariamente il tendone di un bar poco ha a che vedere con l'antifascismo, ma è certo che se questo corteo avesse voluto essere realmente violento, di ben altri danni staremmo parlando oggi. Sono mesi che subiamo aggressioni fasciste e poliziesche e oggi ci rimproverate perché in piazza vi sembravamo brutti?». Oltre a chiudere la porta al dialogo, gli organizzatori del corteo giustificano anche la devastazione delle telecamere: «Le telecamere sono sempre state prese di mira dai cortei negli ultimi anni. Si tratta di azioni comunicative, che nulla hanno di violento. La violenza è quella di questa società che fa della precarietà il suo punto d'onore, la violenza sono i centri commerciali come punti di aggregazione, la violenza sono le case affittate soltanto a chi ha una busta paga da presentare, la violenza sono decine di occhi meccanico-digitali che ci spiano continuamente, persino in barba alle leggi sulla privacy». Secondo i ragazzi del «Pacì», la vera violenza subìta dai residenti di via Quarenghi – dove durante il corteo di sabato sono state distrutte alcune telecamere – è quella di essere costretti a vivere «in quindici in una stanza, con affitti procapite che basterebbero per interi quadrilocali, ovviamente di proprietà di tutti quei padroni e padroncini che oggi starnazzano per un po' di scritte sui muri. Ci eravamo costruiti un laboratorio comunicativo, attraverso cui sperimentare forme e metodi di comunicazione: è stato bruciato tutto e ora dobbiamo ricominciare da capo». Il riferimento è all'incendio che, lo scorso dicembre, ha distrutto un'ala del centro sociale: proprio per protestare contro questo e altri episodi, sabato i giovani del Pacì Paciana e di altri centri sociali erano scesi in strada in città. Anche le scritte a spray fatte da persone travisate vengono in qualche modo giustificate: «Non abbiamo mille televisioni o giornali venduti nelle edicole. Scrivere sui muri è la forma più immediata e istintiva di comunicazione, l'unica accessibile per la maggior parte dei partecipanti alla manifestazione. Ricordiamo a Belotti e Castelli (consigliere regionale e ministro della Lega, ndr) che i muri sono la voce del popolo, come diceva il senatur prima di impoltronarsi a Roma insieme a quei fascisti che voleva stanare casa per casa». Prosegue il comunicato: «Non abbiamo intenzione di scusarci con nessuno per la quantità di scritte lasciate lungo il percorso. Per quanto riguarda il tenore di queste, la scelta dei contenuti viene dai singoli autori, visto che il movimento continua ad avere una composizione plurale e non monolitica, fatta anche di contraddizioni. Non ci nascondiamo e ci prendiamo la responsabilità politica di queste pratiche, oltre che quella dei contenuti che noi del Pacì Paciana abbiamo veicolato con un corteo antifascista che si riprenda le strade e le piazze sottratte alla gente». Non mancano i ringraziamenti a Udeur, Verdi, Rifondazione e al movimento studentesco per «non avere fatto nemmeno un passo indietro ed essere stati una voce fuori dal coro». Il documento rimarca poi gli attacchi alla stampa e alla Digos per un «clima di intimidazione creato ad arte». Nel frattempo la Digos prosegue gli accertamenti: anche ieri gli agenti hanno visionato diversi filmati delle telecamere del servizio di videosorveglianza, oltre alle riprese effettuate dagli stessi poliziotti durante la manifestazione. Per poter accertare eventuali responsabilità potrebbero però passare diverse settimane, forse addirittura un mese. La Digos deve infatti prendere contatti con altre Questure, visto che numerosi dei duemila ragazzi scesi in piazza sabato scorso arrivavano da fuori Bergamo. Secondo gli investigatori sarà però difficile, se non impossibile, risalire agli autori dei gesti vandalici che hanno agito col volto coperto. Ad esempio il gruppetto di persone che, con una scala a pioli e armati di martello, ha sfasciato le telecamere del centro, ha agito con indosso delle tuniche nere, cappuccio, guanti e con il viso coperto da una maschera bianca. Gran parte degli autori delle scritte, invece, avevano almeno un berretto sul capo e una sciarpa davanti alla bocca. Anche in questo caso le identificazioni hanno l'aria di essere quantomeno problematiche. Fabio Conti
«NON BASTA L'AMMENDA, VOGLIAMO FATTI CONCRETI»
Il centrodestra al sindaco: da sospendere la convenzione col Pacì Paciana finché non vengono risarciti i danni
No che non basta. Le minoranze non si accontentano dell'ammenda di sindaco e assessori in Consiglio. Sulla manifestazione del Pacì Paciana vogliono «fatti concreti», a partire da quei cinque ordini del giorno che la maggioranza ha bocciato lunedì. «Chiedevamo l'introduzione di una cauzione per autorizzare i cortei; il congelamento della convenzione con il centro sociale; il risarcimento dei danni da parte dei responsabili e di revocare l'impegno di spesa di 650 mila euro per ristrutturare l'edificio di via Grumello – spiega per tutti il capogruppo di Forza Italia Gianfranco Ceci – Ci sembravano richieste condivisibili, un segnale forte verso chi si era reso responsabile delle devastazioni e un passo concreto su cui misurare la Giunta. Invece tutti i punti sono stati respinti». Franco Tentorio , portavoce di An, puntualizza: «È mancato l'impegno a sospendere le iniziative a favore del Pacì Paciana, almeno finché non siano stati risarciti i danni». Ceci mette l'accento sul documento proposto dagli azzurri per invitare l'amministrazione «a chiedere scusa alla città pacifica e non violenta per ciò che ha dovuto subire». «Un atto negato per arroganza. Quando si tratta di stringere il cordone attorno al centro sociale la maggioranza si defila», sostiene l'opposizione all'unisono. La Lega vuole che si venga al dunque: «Dopo le scuse da "bravo teatrante" di Rustico – interviene il consigliere Luciana Frosio Roncalli –, dopo l'ammenda ben poco sincera del sindaco, dopo le blande posizioni di molti consiglieri, chiediamo a Bruni che il Comune, dichiarandosi parte civile, nomini un difensore che oltre a Palazzo Frizzoni tuteli anche quei cittadini che hanno subìto dei danni». La cui stima, secondo l'opposizione, salirebbe a 100-120 mila euro, considerando anche le scritte sugli edifici privati (contro i 76 mila euro preventivati dal sindaco, per ripulire gli slogan e riparare le telecamere, ndr). Per Valerio Marabini il momento è buono «per chiarire una volta per tutte il rapporto col Pacì Paciana, quest'"isola di illegalità" che non deve avere la connivenza dell'amministrazione». Il capogruppo della Lista Veneziani rincara la dose: «Il centro sociale vive al di sopra e al di fuori della legge, fa ciò che vuole, quando vuole. Chi verifica che abbia le licenze per gli spettacoli, o per vendere gli alcolici, e i permessi per tappezzare la città con i suoi manifesti?». Guai, per lui, a far risalire la situazione alla Giunta di Cesare Veneziani, della quale Marabini faceva parte con la delega alla Cultura: «La convenzione tra Comune e centro sociale ha radici nella Giunta Vicentini – ricorda Marabini – che ha concesso la struttura per un "uso brado". Noi avevamo proposto il pagamento di un affitto, che poi era stato dimezzato per intervento della prefettura». «Riconoscere la gravità dei fatti era l'occasione buona per far sì che nel centrosinistra fosse determinante la componente di centro – continua Marabini – Invece ha vinto ancora l'ala più estrema. Bisognerebbe regalare del laudano alla Margherita, per guarirla dal mal di pancia». Intanto il dibattito si allarga anche al di fuori dei banchi di Palazzo Frizzoni. Il consigliere regionale di Forza Italia Carlo Saffioti punta il dito contro il questore Salvatore Longo: «Nessuna meraviglia sul comportamento di alcune frange della sinistra che dell'uso della violenza hanno fatto uno strumento di lotta politica. Grande meraviglia, invece, sull'incapacità del questore di prevenire l'accaduto e di impedire danni per migliaia di euro. Non vorrei che fosse consentito a Bergamo il trasformarsi in un'enclave tollerante per l'estremismo di sinistra». Qualcosa si muove anche in Provincia, dove il capogruppo dell'Udc Flora Fiorina in una mozione fa appello «al presidente della Provincia, perché contribuisca, insieme al prefetto e al questore, a far chiarezza. Se ci sono state negligenze o responsabilità che vengano individuate e punite. Esprimiamo solidarietà a tutti coloro che sono stati danneggiati». E il sindaco di Comun Nuovo Giovanni Abati , della lista civica «Gruppo popolare di Comun Nuovo», solidarizza con la Lega (che per altro rappresenta una larga fetta della minoranza nel Comune della Bassa): «Sono dichiaratamente schierato contro il modo di fare politica della Lega, ma appoggio il consigliere Daniele Belotti e quanto da lui espresso sulla vicenda del Pacì Paciana. Invito il sindaco Bruni a una riflessione sui componenti della Giunta e chiedo che vengano trattenuti dallo stipendio dei due assessori (Rustico e Amorino, presenti al corteo di sabato, ndr), i danni arrecati alle strutture pubbliche e private». Benedetta Ravizza
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