Durante la mattinata di sabato 11 marzo 2006 corso Buenos Aires a Milano è teatro di violenti scontri tra le forze dell'ordine e un blocco antifa di circa 300 persone. Da li a poche ore, il Movimento Sociale – Fiamma Tricolore ha in programma la sua marcia nel centro di Milano, autorizzata dalla Questura, con concentramento in Porta Venezia. I disordini nascono proprio dal tentativo del corteo antifa di raggiungere il piazzale, per impedire lo svolgimento della parata nazista. La Questura di Milano è però risoluta a garantire lo svolgimento della manifestazione, nonostante essa si collochi in aperto contrasto con i dettami costituzionali e le leggi vigenti e nonostante siano evidenti le conseguenze..
La marcia del partito di Romagnoli, entrato ufficialmente nella coalizione della Casa delle Libertà di Silvio Berlusconi, è un'aperta provocazione e giunge proprio nei giorni in cui ricorre l'omicidio di Davide “Dax” Cesare (militante antifascista milanese, ucciso tre anni prima nel corso di un'aggressione squadrista). Il clima è esasperato: negli ultimi tre anni in Lombardia hanno avuto luogo decine e decine di aggressioni e attentati incendiari di matrice squadrista, oltre a diversi tentativi di omicidio in piena regola. Sabato 11 marzo la risposta della piazza è inevitabilmente durissima e alla fine della mattinata 35 persone verranno tratte in arresto. L'episodio diventa terreno di speculazione politica: una ghiotta occasione elettorale per il centro destra (che accusa assurdamente la coalizione di Prodi per gli scontri avvenuti a Milano) e, di conseguenza, una spina nel fianco per il centro sinistra. Nel fuoco incrociato rimangono inevitabilmente i giovani arrestati, di cui il mondo politico chiede la testa con un coro unanime. Nessuno si interroga sulle motivazioni che hanno determinato i fatti di sabato 11 marzo. Nessuno ravvisa l'anomalia del sistema democratico italiano, dove (unico caso in Europa) una delle due coalizioni in gara nella competizione elettorale raccoglie nelle proprie fila tutte le formazioni della destra radicale, anche se di fede apertamente nazista. Nessuno si accorge del fatto che il Questore di Milano ha autorizzato una parata nazista che, stando ai dettami della Costituzione italiana nata dalla Resistenza e alle norme del diritto italiano (che vieta la ricostituzione del partito fascista), non avrebbe mai dovuto autorizzare (fosse solo per le evidenti conseguenze che avrebbe scatenato). Nessuno fa domande, nessuno cerca risposte. E lo spettacolo continua.
Guarda il video amatoriale degli scontri su www.video.google.it.
Guarda la carrellata di foto degli scontri tra antifa e forze dell'ordine:
Guarda le immagini esclusive mandate in onda da Striscia la Notizia e il servizio del TG2 sui fatti di sabato 11 marzo.
Di seguito il comunicato dell'assemblea antifascista milanese, successivo alla protesta, le prime agenzie, la rassegna stampa nazionale e la rassegna stampa de L'Eco di Bergamo relativa ai fatti. Sul quotidiano locale si fa riferimento più specificatamente ai bergamaschi e alle bergamasche tratte in arresto dopo gli scontri in corso Buenos Aires.
Sabato 11 marzo 2006, a cinque giorni dall'anniversario dell'omicidio di Dax, le autorità cittadine di Milano hanno deciso di autorizzare il corteo dei neofascisti della Fiamma Tricolore, una formazione di estrema destra che fa di razzismo, negazionismo e intolleranza le proprie bandiere. Di fronte a questa scelta che calpesta la memoria antifascista della città, nel più assoluto silenzio da parte delle forze democratiche, il movimento milanese ha scelto di dare un segnale forte che negasse qualsiasi agibilità ai fascisti. I circa 500 antifascisti che si sono radunati a Milano hanno cercato di conquistare la piazza da cui sarebbe partito il corteo. Davanti allo schieramento incredibile delle forze dell'ordine abbiamo scelto di mostrare alla città che di fronte alla copertura dei nostralgici del duce non c'era spazio per alcuna mediazione e per alcuna risposta che non fosse quella di rompere il silenzio assordante della metropoli. Per un'ora e mezza abbiamo tenuto e resistito dietro a una barricata, mentre piovevano lacrimogeni che ci intossicavano. Mentre ormai ripiegavamo lungo corso Buenos Aires verso piazzale Loreto, le forze dell'ordine hanno deciso una carica di diverse centinaia di metri, coperta da blindati e camionette, chiudendo lentamente ogni via di fuga e circondando le persone che ormai stavano semplicemente scappando dalla violenza della polizia. Abbiamo visto lacrimogeni sparati a tre metri in faccia alle persone, e ragazzi di meno di vent'anni inseguiti da poliziotti inferociti come bestie. Le cariche sono continuate per chilometri, in una caccia all'uomo che nulla ha a che vedere con l'ordine pubblico. Il bilancio nel tardo pomeriggio sono più di 40 fermati di cui esigiamo il rilascio immediato. Non ci permettono di farli avvicinare dagli avvocati, non consentono a nessuno di sapere chi è in stato di fermo e dove siano "custoditi". Alcuni dei nostri compagni e delle nostre compagne potrebbero essere feriti. Siamo convinti che fosse necessario oggi muovere l'immaginario della città nel sostenere una memoria antifascista che non è sopita, nel ricordare che per i fascisti in questa città e altrove non deve esserci nessuna agibilità. Ringraziamo tutti i cittadini di Milano che hanno salvaguardato l'incolumità degli antifascisti e delle antifasciste, che ci hanno aiutato e sostenuto, aprendo le porte delle loro case e chiudendole di fronte alle forze della repressione cieca. Libertà per i compagni e le compagne fermati e arrestati. Libertà subito. Conferenza Stampa , ore 11.00, domenica 12 marzo 2006 in piazza Filangeri (se gli arresti saranno confermati) oppure Piazzale Loreto (se i compagni e le compagne saranno tutti liberi). antifascisti e antifasciste
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Il Giornale, sabato 11 marzo 2006
FIAMMA, TENSIONE PER IL CORTEO
Anpi e Rifondazione non occuperanno piazza San Babila per impedire la manifestazione della Fiamma tricolore. Non saranno a fianco dei centri sociali, carc e organizzazioni no global che promettono ai milanesi un pomeriggio in stile anni Settanta. Anpi e Rifondazione si ritrovano infatti davanti «al Sacrario che ricorda i caduti antifascisti di Milano» in Loggia dei Mercanti per dare «una risposta pacifica e democratica alla manifestazione della Fiamma tricolore, che partirà alle 16.30 da Porta Venezia per arrivare in piazza San Babila». Decisione che si interpreta come una presa di distanza da quello che i globetrotter dell'autonomia vorrebbero invece organizzare, dalle dodici di oggi, nel centro cittadino ovvero «negare alle destre xenofobe la possibilità di manifestare anche a costo di subire robuste dosi di violenza poliziesca». Preannunci online di estendere «viralmente la nostra rabbia per tutta la città se ci sarà negata piazza San Babila, se i signori dell'ordine pubblico spalleggeranno i razzisti». Affermazioni accompagnate dai fermi immagini della violenza no global al G8 di Genova e dal ricordo che «l'11 marzo 1972, Milano, a due mesi dalle elezioni, fu centro di un'improvvisa esplosione di “furore teppista“ come allora lo definì la stampa». Ricordo di un pomeriggio d'assalto contro un comizio missino in piazza Castello, preludio di una stagione di violenze. E che, sorpresa, si vorrebbe riproporre in versione aggiornata alla vigilia dell'anniversario dell'uccisione di un autonomo del centro sociale Gola avvenuta il 16 marzo 2003. Presidio contro la marcia del Fiamma tricolore che per motivi di ordine pubblico fu cancellata lo scorso 21 gennaio.
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La Repubblica, sabato 11 marzo 2006
AUTONOMI SCATENATI A MILANO
Guerriglia urbana in pieno centro
Esplosa bomba carta davanti ad un McDonald, feriti 10 agenti Calci, pugni e urla della folla contro alcuni giovani fermati
MILANO – Forte tensione e incidenti alla manifestazione "antifascista" dei centri sociali a Milano. Una manifestazione "non autorizzata", indetta per rispondere a quella della dell'estrema destra in programma per oggi pomeriggio nel capoluogo lombardo. Circa duecento giovani, molti con i caschi e il volto coperto da passamontagna, si sono scontrati con la polizia lungo Corso Buenos Aires dove nel pomeriggio è prevista la manifestazione dei neofascisti di Forza Nuova. E la rabbia della folla si è riversata su alcuni dei fermati dalle forze dell'ordine. A stento gli stessi agenti sono riusciti a salvarli da un vero e proprio linciaggio: gruppi numerosi di persone li prendevano a calci e pugni urlando 'ammazzateli', mentre gli uomini delle forze dell'ordine cercavano faticosamente di caricarli sui furgoni. Le violenze sono iniziate in Piazzale Loreto quando i manifestanti hanno attaccato una macchina dei carabinieri danneggiandola e ferendo due agenti dell'arma che erano a bordo. Poi si sono diretti verso Porta Venezia dove ci sono stati gli scontri più duri. Il bilancio, assolutamente provvisorio, parla di quattro contusi tra le forze dell'ordine. Un carabiniere è stato colpito da un razzo in piena faccia ed è ricoverato in ospedale. La zona di Porta Venezia e Corso Buenos Aires è presidiata anche un elicottero della Polizia di Stato mentre gli agenti danno la caccia ai manifestanti nascosti negli androni dei palazzi e nei bar della zona. Una ventina di persone sono state fermate. Lungo corso Buenos Aires dal corteo è iniziato un fitto lancio di pietre e di petardi all'indirizzo delle forze dell'ordine. I manifestanti hanno innalzato una sorta di barricata con bidoni della spazzatura e fioriere scardinate. All'angolo con via Melzo è stato dato alle fiamme un An-Point, un punto elettorale di Alleanza Nazionale. All'altezza del McDonald in viale Tunisia è stata fatta esplodere dagli autonomi una bomba carta caricata con bulloni: diversi agenti, una decina, sono rimasti feriti. Infrante anche numerose vetrine. Un'edicola è andata a fuoco e il fumo nerastro ha invaso le case circostanti. L'incendio dell'edicola è stato innescato da un motorino a sua volta bruciato. Date alle fiamme anche alcune auto. Le forze dell'ordine hanno lanciato lacrimogeni mentre i pompieri erano all'opera. Molti ragazzi di sinistra o vicini all'area antagonista hanno abbandonato la manifestazione dicendo di non voler avere a che fare con quanto stava accadendo. Intanto resta confermato nel pomeriggio il corteo dell'estrema destra. Un corteo che nelle intenzioni del segretario nazionale della Fiamma, Luca Romagnoli, sarà assolutamente "ordinato". "Se ci saranno dei problemi – dice – non saranno i nostri ragazzi a provocarli".
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www.ansa.it, sabato 11 marzo 2006
GUERRIGLIA A MILANO
Incappucciati, fiamme e cariche Giovani con il volto coperto hanno lanciato pietre e lacrimogeni contro le forze dell'ordine. Cariche della polizia. La folla contro i manifestanti
Milano, 11 marzo 2006 – Centri sociali scatenati a Milano nella manifestazione indetta per protestare contro il corteo di Forza Nuova che si tiene nel pomeriggio. Le violenze sono iniziate in Piazzale Loreto quando i manifestanti hanno attaccato una macchina dei carabinieri danneggiandola e ferendo due agenti dell'arma che erano a bordo. Poi si sono diretti verso Porta Venezia dove ci sono stati gli scontri scontri più duri. Il bilancio è assolutamente provvisorio, si parla di quattro contusi tra le Forze dell'Ordine. Un carabiniere è stato colpito da un razzo in piena faccia ed è ricoverato in ospedale. Gli incidenti provocati da poco più di un centinaio di giovani dei centri sociali, quattro ambulanze e un'auto-medica. La zona di Porta Venezia e Corso Buenos Aires è presidiata anche un elicottero della Polizia di Stato mentre gli agenti danno la caccia ai manifestanti nascosti negli androni dei palazzi e nei bar della zona. Fiamme sono state appiccate dai manifestanti a quattro auto e a un negozio.
DISORDINI A MILANO, LA FOLLA PICCHIA GLI AUTONOMI MILANO
Incidenti a Porta Venezia, con momenti di violenza. La rabbia della folla sconvolta nei confronti dei 2-300 antagonisti che hanno scatenato i disordini si è riversata su alcuni di questi, quando sono stati fermati dalle forze dell'ordine. A stento, infatti, gli stessi agenti sono riusciti a salvarli da un vero e proprio linciaggio: gruppi numerosi di persone li prendevano a calci e pugni urlando 'ammazzateli', mentre gli uomini delle forze dell'ordine cercavano faticosamente di caricarli sui furgoni. Un negozio, vicino all'angolo tra Corso Buenos Aires e Viale Regina Giovanna, è andato a fuoco, così come due auto vicine, messe in mezzo alla strada dai giovani dell'area antagonista. Le fiamme sono state circoscritte dai pompieri, che hanno peraltro evacuato diversi appartamenti del palazzo, invasi dal fumo. Fra le testimonianze raccolte, quella di alcuni giovani di sinistra o vicini all'area antagonista che si erano recati al presidio antifascista non prevedendo una situazione di violenza apparentemente programmata come quella che si è verificata in corso Buenos Aires. Questi stessi giovani hanno abbandonato la piazza dicendo di non voler avere a che fare con quanto sta accadendo. Al momento risulta che vi siano almeno cinque feriti fra agenti di polizia e carabinieri, per stordimento dovuto alla deflagrazione di petardi. Ma le forze dell'ordine stimano che il bilancio possa essere più pesante.
MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA DEGLI ANTAGONISTI, NON AUTORIZZATA
Si era aperta in un clima di forte tensione la manifestazione antifascista dei centri sociali a mezzogiorno a Milano. Circa duecento giovani, molti con i caschi, i volti coperti da passamontagna, bastoni di legno in mano, hanno marciato da piazza Lima a Porta Venezia, dove c'era un numeroso reparto anti-sommossa della polizia per il corteo non autorizzato. La manifestazione antifascista degli antagonisti, non autorizzata, è stata indetta in risposta a quella della Fiamma Tricolore, in programma per il pomeriggio da Porta Venezia a San Babila.
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L'Unità, sabato 11 marzo 2006
MILANO, GUERRIGLIA TRA AUTONOMI E POLIZIA
Una manifestazione non autorizzata contro il corteo della Fiamma Tricolore organizzato nel primo pomeriggio di sabato 11 marzo. Ed è guerriglia in pieno centro a Milano, dove circa duecento autonomi si sono scontrati duramente con la polizia con lanci di pietre, lo scoppio di una bomba carta riempita di chiodi che ha ferito quattro carabinieri, barricate date alle fiamme. Il fuoco, che ha costretto all’intervento i Vigili del Fuoco, ha danneggiato alcuni negozi. Una molotov ha semidistrutto la sede di Alleanza nazionae in Corso Buenos Aires. Su un muro dello stabile è stata lasciata una scritta in vernice verde: «Nessun rispetto per i fasci». Le forze dell’ordine hanno reagito sparando lacrimogeni, caricando e inseguendo i manifestanti. Decine le persone fermate e portate in Questura. La polizia ha anche dovuto proteggere i fermati dalla rabbia della folla che ha cercato di aggredirli con calci e pugni. Pesanti accuse dal capogruppo di An alla Camera Ignazio La Russa, che indica come responsabili degli scontri «gli esponenti e i dirigenti della coalizione di Romano Prodi».
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Corriere della Sera, domenica 12 marzo 2006
MILANO, GUERRIGLIA TRA AUTONOMI E POLIZIA
Lancio di pietre, macchine incendiate, bomba carta. I cittadini tentano di linciare i manifestanti: 45 arresti e 9 agenti feriti
MILANO – È sfociata nella violenza, con 45 persone fermate e 9 agenti feriti, la manifestazione non autorizzata organizzata nella tarda mattinata di sabato dai centri sociali nel centro di Milano in risposta al corteo della Fiamma Tricolore che si sarebbe svolto nel pomeriggio da piazza Oberdan e diretto in San Babila. Il bilancio finale delle violenze parla di quattro auto carbonizzate, altre danneggiate, un negozio che ospitava una sede elettorale di An dato alle fiamme, una bomba carta fatta esplodere vicino ad un Mc.Donald all'interno del quale i manifestanti hanno fatto irruzione costringendo alla fuga i clienti molti dei quali bambini. E ancora alle fiamme un motorino, cassonetti, un edicola e vetrine e fioriere rotte. Il «presidio antifascista» è iniziato alle 12 da Porta Venezia con un fitto lancio di pietre e di petardi da parte degli autonomi verso la polizia. I manifestanti, circa duecento, molti con i caschi e il volto coperto da passamontagna, hanno anche incendiato cataste di legno e bidoni della spazzatura. La polizia si era presentata in assetto antisommossa: gli agenti sono stati bersagliati da pezzi di pietra e di metallo. Il fumo ha invaso la parte terminale di corso Buenos Aires, un'edicola è andata a fuoco.
CARICA DELLA POLIZIA – Polizia e carabinieri hanno iniziato la carica di alleggerimento ma sono poi dovuti arretrare e hanno indossato le maschere antigas. Una scena di battaglia, nel centro di Milano. LACRIMOGENI – Le forze dell'ordine hanno quindi cominciato a lanciare lacrimogeni, mentre i pompieri sono riusciti a spegnere il fuoco del motorino e dell'edicola incendiati; i vigili del fuoco non sono invece riusciti ad avvicinarsi ad alcune delle auto, quattro, a cui si è esteso il rogo. Alcuni cittadini hanno incitato le forze dell'ordine a caricare i manifestanti.
BOMBA CARTA – All'altezza del McDonald's in viale Tunisia è stata fatta esplodere dagli autonomi una bomba carta caricata con bulloni che avrebbe avuto serie conseguenze per le persone: quattro carabinieri sono rimasti feriti dalle schegge. Il 118 riferisce che altre due persone sono state soccorse ma non ospedalizzate. In totale, nella giornata, sono nove i feriti accertati, tutti appartenenti alle forze dell'ordine: oltre ai quattro carabinieri, anche cinque poliziotti. Hanno riportato contusioni e nessuna grave conseguenza anche se le prognosi riportate vanno tutte tra i 5 e i 20 giorni.
CALCI E PUGNI AI MANIFESTANTI – La rabbia della folla sconvolta si è riversata su alcuni manifestanti, quando sono stati fermati dalle forze dell'ordine. A stento gli stessi agenti sono riusciti a salvarli da un vero e proprio linciaggio: gruppi numerosi di persone li prendevano a calci e pugni urlando «ammazzateli», mentre gli uomini delle forze dell'ordine cercavano faticosamente di caricarli sui furgoni. Un signore anziano che ha partecipato all’aggressione ha motivato così la rabbia: «Hai visto che cosa hanno fatto? Stanno distruggendo tutto. Se avessi avuto un coltello l’avrei usato».
DANNI E TRAFFICO IN TILT – Le Forze dell’ordine hanno blindato il passaggio in direzione corso Venezia mentre le linee di superficie dei mezzi pubblici sono state completamente bloccate. La Linea 1 della metropolitana ha soppresso le fermate di Porta Venezia e Palestro. I danni lungo corso Buenos Aires sono stati ingenti. Per ore è stato il caos: strade bloccate, mezzi pubblici fermi o deviati, sirene per le vie del centro ed elicotteri della polizia che sorvegliavano dall'alto. Lento il ritorno alla normalità.
IL CORTEO DELLA FIAMMA TRICOLORE – Nel pomeriggio alcune centinaia di militanti della Fiamma Tricolore si sono concentrati in piazza Oberdan per dare il via alla manifestazione, questa autorizzata, diretta in piazza San Babila. Il corteo è partito in ritardo perchè la polizia ha impedito che i manifestanti spiegassero bandiere, con le croci celtiche e il fascio littorio, simboli di apologia del fascismo, che è reato. La trattativa è durata oltre mezz'ora. Alla fine i manifestanti hanno deciso di arrotolare queste bandiere e dare, così, il via alla manifestazione. I manifestanti hanno ostentato il saluto romano e scandito slogan fascisti. Tra questi «Duce, duce, duce», «Fini boia». Durante il corteo sono riapparse le bandiere con le croci celtiche e il fascio littorio. La manifestazione – controllata da un imponente schieramento di polizia – si è conclusa senza incidenti.
AUTO DELLA POLFER IN FIAMME – In serata un'auto della polizia ferroviaria è stata data alle fiamme alla stazione di Bovisa, nelle periferia nord della città. L'auto, una Punto con i colori d'istituto, era parcheggiata e vuota. Sugli autori del gesto, la Polizia non esclude alcuna ipotesi, anche se il sospetto è che si tratti di «un'azione di coda» degli episodi violenti della giornata.
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La Repubblica, domenica 12 marzo 2006
UNA GIORNATA DI FUOCO A MILANO
Un bollettino di guerra. Il questore di Milano traccia il resoconto della giornata di guerriglia ieri in Corso Buenos Aires. E' un bollettino di guerra metropolitana: "Sequestrati numerosissimi bastoni di legno, tirapugni in metallo, decine di scudi in plexiglass con manici in legno, zaini carichi di pietre, taniche da 5 litri di benzina, bombe carta contenenti centinaia di chiodi a tre punte, alcuni coltelli a serramanico, martelletti frangivetro di quelli usati sugli autobus". E ieri sera una telefonata anonima al 113 ha annunciato: "E' solo l'inizio". La relazione del questore. La relazione del questore Paolo Scarpis è precisa e dettagliata: "Durante i disordini di ieri in Corso Buenos Aires angolo Via Oberdan per una manifestazione non preavvisata da parte di circa 300 aderenti ai centri sociali e ad alcune realtà anarchiche non solo cittadine ma anche di altre province del Nord Italia, sono state fermate 45 persone, di cui 41 tratte in arresto per i reati di devastazione e saccheggio, incendio, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale. Durante gli scontri sono rimaste ferite, da razzi di segnalazione sparati con apposite pistole ad altezza d'uomo, 8 appartenenti alla Polizia di Stato, tra cui un vicequestore, 4 appartenenti all'Arma dei Carabinieri, con prognosi variabili dai 5 ai 20 giorni. Sei cittadini si sono presentati presso gli ospedali lamentando bruciori agli occhi". Danni per migliaia di euro."Nel corso degli incidenti – ha aggiunto Scarpis – sono stati rilevati i seguenti danneggiamenti: 5 autovetture incendiate, altre 5 con vetri infranti, un motociclo incendiato, principio d'incendio in un'edicola, infrante le vetrine dell'esercizio commerciale Singer, di un negozio di abbigliamento femminile nonchè del McDonald's e della Nike. Incendiato e completamente distrutto l'AN Point situato al civico 8 di corso Buenos Aires. Danneggiata anche una "gazzella" dei Carabinieri". La manifestazione della Fiamma Tricolore. "La successiva manifestazione del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore, alla quale hanno aderito circa 600 persone provenienti da varie province italiane – ha proseguito Scarpis – si è regolarmente svolta dopo un ritardo di circa un'ora rispetto all'orario previsto di partenza perché erano presenti bandiere e striscioni non consentiti, che sono stati ritirati dalle forze dell'ordine. In concomitanza con questa manifestazione, in piazza Mercanti si è regolarmente tenuto un presidio organizzato dall'Anpi, al quale hanno partecipato circa 300 persone". "E' solo l'inizio". "Alle 19.20 – così il questore ha concluso il suo bilancio – un'auto della Polizia ferroviaria, parcheggiata di fronte alla stazione Nord Bovisa, è stata data alle fiamme e poco dopo è giunta al 113 una telefonata anonima: 'La macchina della polizia è solo l'inizio".
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La Stampa, domenica 12 marzo 2006
E' di 41 persone arrestate, di 12 appartenenti alle forze dell'ordine feriti, di 6 cittadini che hanno fatto ricorso alle cure dei medici degli ospedali per bruciori agli occhi il bilancio finale della guerriglia che, ieri a Milano, ha provocato incendi e devastazioni e ha portato al sequestro di numeroso materiale (bastoni, tirapugni, zaini con pietre, taniche benzina, passamontagna, coltelli a serramanico ecc.). Il bilancio finale e' stato fatto dal questore Paolo Scarpis. ''Durante i disordini di ieri in corso Buenos Aires angolo Oberdan – ha dichiarato il questore – per una manifestazione non preavvisata da parte di circa 300 aderenti ai centri sociali e ad alcune realta' anarchiche non solo cittadine ma anche di altre province del Nord Italia, sono state fermate 45 persone, di cui 41 tratte in arresto per i reati di devastazione e saccheggio, incendio, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale. Durante gli scontri sono rimaste ferite, da razzi di segnalazione sparati con apposite pistole ad altezza d'uomo, 8 appartenenti alla Polizia di Stato, tra cui un vicequestore, 4 appartenenti all'Arma dei Carabinieri, con prognosi variabili dai 5 ai 20 giorni. Sei cittadini si sono presentati presso gli ospedali lamentando bruciori agli occhi''.
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La Repubblica, martedì 14 marzo 2006
L'ipotesi di polizia e carabinieri: riunione operativa in un centro sociale. Scarcerati in tre. Duecento persone potrebbero essere identificate con l'esame dei filmati Digos, confermata la premeditazione "L'azione ideata dieci giorni prima"
MILANO – Prima il tam tam in rete. Poi, a dieci giorni dalla data fissata, una riunione ristretta nel centro sociale Pergola. I rapporti della Digos e del Nucleo informativo dei carabinieri raccontano i retroscena della furia devastatrice dei trecento autonomi calati su negozi, auto, persone in corso Buenos Aires. E ora, ora che l'inchiesta inizia a portare i primi frutti, le parole dei due rapporti suonano inquietanti. Anche perché lasciano intendere chiaramente che sabato, qualche ora prima della guerriglia, i segnali c'erano già tutti. Gli autonomi si muovevano in assetto da guerra, con "intenzioni bellicose e predeterminate a creare disordini". Ed è proprio sul grosso dello schieramento che adesso si concentrano gli sforzi investigativi. Fondamentali sono i video e le fotografie, ufficiali e amatoriali, che potrebbero servire a individuare gran parte di manifestanti fuggiti alle prime cariche. Duecento persone, è la speranza dei vertici di polizia e Arma. Solo oggi, con i primi interrogatori in carcere dei fermati – trentacinque maggiorenni, mentre i tre minori saranno sentiti domani – si potrebbe iniziare ad avere un quadro più preciso delle responsabilità. Tre gli scarcerati. Gli accusati saranno interrogati da due pubblici ministeri (Piero Basilone, titolare del fascicolo sugli scontri, e Ilda Boccassini) e da due gip (Mariolina Panasiti e Enrico Manzi), chiamati a convalidare le manette. L'avvocato Mirko Mazzali e gli altri legali si preparano alla controffensiva: "Chiederemo di vedere i filmati: le immagini dimostreranno che sono state prese le persone sbagliate".
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L'Eco di Bergamo, domenica 12 marzo 2006
AUTONOMI, GUERRIGLIA A MILANO
Due ore di scontri in centro fra 300 antagonisti e forze dell'ordine: 9 feriti, 45 fermati. Agenti salvano estremisti dal linciaggio della folla. I due poli condannano: è polemica.
Mezzogiorno di scontri ieri nel cuore di Milano, fra Porta Venezia e corco Buenos Aires: 300 giovani dell'ala più dura dei centri sociali hanno messo a ferro e fuoco le vie del centro per contestare -con un "corteo presidio" non autorizzato- la manifestazione programmata nel pomeriggio dal Movimento Sociale – Fiamma Tricolore. Ne sono nate quasi due ore di guerriglia urbana con un bilancio di 45 fermati e 9 feriti non gravi tra le forze dell'ordine. Auto, moto, edicole, fioriere, negozi, un gazebo elettorale di An e persino un palazzo sono stati presi d'assalto e date alle fiamme. E solo l'intervento di polizia e carabinieri ha salvato letteralmente dal linciaggio sei autonomi finiti nel mirino della folla esasperata. Ferma condanna da parte del mondo politico, ma tra i due poli è polemica. "All'interno dell'Unione – dice il premier Silvio Berlusconi – il caos è totale. Ci sono i centri sociali, quei campioni di democrazia da cui vengono i 300 che usando mezzi violenti hanno cercato di rendere impossibile una civile riunione di un nostro alleato". "Condanniamo duramente – replica il leader dell'Unine Romano Prodi – queste forme di violenza. Non appartengono al nostro concetto di democrazia e di civiltà".
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CENTRI SOCIALI, MEZZOGIORNO DI FUOCO A MILANO
Guerriglia urbana in corso Buenos Aires. Alcuni autonomi sottratti dalle forze dell'ordine al linciaggio della folla. Distrutte auto, moto ed edicole, incendiato un palazzo. Nove feriti, 45 fermati. Un testimone: sembrava Beirut.
Milano. Fiamme, fumo, esplosioni, violenza a Porta Venezia. Il centro di Milano è stato teatro ieri di incidenti che hanno riportato ad anni ormai lontani: 200-300 giovani dell'ala più dura dei centri sociali, forse black bloc e certamente dell'aria ultra-antagonista, hanno messo a ferro e fuoco (non è una metafora) il centralissimo corso Buenos Aires per contestare, con un "corteo-presidio" non autorizzato in mattinata, la manifestazione programmata nel pomeriggio dal Movimento Sociale – Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli. E' stato un vero mezzogiorno di fuoco a Porta Venezia. Quasi due ore di guerriglia urbana hanno devastato la lunga strada commerciale, una vetrina dietro l'altra, la più affollata di Milano giorno e notte, soprattutto il sabato. A farne le spese sono stati auto, moto, edicole, fioriere, negozi e perfino palazzi. Solo l'intervento di polizia e carabinieri, per altro reso difficile dalle tecniche di vera guerriglia usate dai manifestanti, ha consentito che il corteo non sfociasse in tragedia. Ma quando una bomba carta, caricata a chiodi e bulloni, è stata fatta esplodere all'angolo con via Regina Giovanna e viale Tunisia, per un soffio non ci sono state conseguenze serie alle persone vicine. I feriti sono in tutto nove, tra poliziotti e carabinieri: contusioni, choc acustici, ma nessuna grave conseguenza. Poteva andare peggio, anche perchè "corso Buenos Aires sembrava Beirut" come testimoniava un commerciante. Tutto è cominciato poco prima delle 12, quando gli autonomi si sono raccolti all'altezza di piazza Lima, a metà corso Buenos Aires. Secondo quanto riferito dalle forze dell'ordine, sarebbero usciti da tre centri sociali – l'Orso, il Vittoria e il Transiti – ma a quanto pare (ed è una testimonianza raccolto anche tra i dimostranti) non tutti erano ben consci della programmata guerriglia. Infatti già subito prima e anche subito dopo il verificarsi degli incidenti, una parte dei dimostranti (soprattutto quelli del Vittoria) ha lasciato la piazza quando ha visto che la situazione degenerava. Gli altri, i duri, hanno dato il via alla violenza. Caschi o passamontagna scuri in testa, bastoni o spranghe in mano, hanno spaccato da subito vetrine, fioriere in cemento (per farne pietre da lanciare), bidoni della spazzatura. Hanno aggredito la pattuglia di una "gazzella" dei carabinieri, danneggiando la macchina, quindi hanno usato una strategia precisa: giunti a trenta metri da Porta Venezia hanno appiccato il fuoco a una catasta di materiale vario, probabilmente cosparso di gasolio: ne sono scaturite altissime volute di fumo che hanno consentito di lanciare non visti, bottiglie molotov e dare alle fiamme diverse auto (quattro sono state carbonizzate, altre sono state danneggiate), una moto, un edicola. Una prima volta l'incendio ha rischiato di estendersi dall'edicola a un vecchio e caratteristico palazzo che ospita la farmacia all'inizio del corso (l'edificio è stato evacuato), mentre un punto elettorale di An è stato incendiato. E qui si è temuto il peggio, il rogo si è esteso ai piani superiori e al vicino negozio Singer, ma il pronto intervento dei pompieri lo ha contenuto. Rallentati dalle operazioni di soccorso e dalle auto incendiate che potevano esplodere, gli uomini delle forze dell'ordine, con le maschere antigas, hanno sgomberato l'intera area a protezione dei passanti: si sono visti bambini piangere, persone sotto choc, gente in fuga un po' dappertutto. Dopo aver sparato una salva di lacrimogeni, polizia e carabinieri hanno caricato i manifestanti, e fermato diversi giovani. E qui è successo un episodio nato dalla rabbia popolare: 5-6 antagonisti, bloccati alla spicciolata, sono stati sottratti a un linciaggio da parte di persone che assistevano agli scontri: "ammazzateli", "lasciateli a noi", "per comprare case e auto dobbiamo fare sacrifici di anni", gridava una trentina di cittadini che ha preso a calci e pugni gli autonomi, salvati con difficoltà dalle forze dell'ordine e subito allontanati sui furgoni. Un atteggiamento stigmatizzato dal ministro dell'interno Giuseppe Pisanu. "Capisco l'indignazione dei cittadini, ma non posso condividere la reazione fisica. La forza legittima dello Stato è solo in mano ai carabinieri e alla polizia, che garantiscono la sicurezza". Dopo la carica, che in certi momenti non ha mancato di energia, molti guerriglieri urbani si sono dispersi e la vampata di violenza è andata poco alla volta spegnendosi. Non così la polemica sull'accaduto, in un crescendo di accuse e controaccuse alimentato dal clima preelettorale. quarantacinque i fermati portati in questura. "Mi auguro – ha detto ancora il ministro dell'Interno – che ora i magistrati confermino gli arresti". In corso Buenos Aires uno scenario da "day after". Colpiti soprattutto i commercianti, che hanno già programmato per giovedì sera una fiaccolata contro la violenza.
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La Cdl: sono gli alleati di Prodi. L'Unione: condanniamo la violenza. Milano. Sugli scontri di Milano si scatena la polemica preelettorale e così il premier Silvio Berlusconi sottolinea come "all'interno dell'Unione il caos è totale. Ci sono i centri civici, quei campioni di democrazia, da cui vengono i 300 che usando mezzi violenti hanno cercato di rendere impossibile una civile riunione di un nostro alleato". "Condanniamo duramente – repplica il leader dell'Unione Romano Prodi _ questa forme di violenza. Non appartengono al nostro concetto di democrazia e civiltà. Per il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini "quando si grida con troppa disinvoltura 10, 100, 1000 Nassiriya poi si arriva a bruciare le macchine. Non ci basta il rituale coro di condanna della sinistra". "Hanno iniziato la loro campagna elettorale" commenta Roberto Formigoni, il presidente della Regione Lombardia: "Questi sono i disobbedienti, i no global, i centri sociali. Spiace dire che hanno il loro rappresentante (Caruso, ndr) alleato dell'Unione di Prodi". An "non vuole strumentalizzare" gli incidenti di Milano, "esprime solidarietà" agli uomini delle forze dell'ordine e "affida la sua ritorsione alle urne elettorali" dice il coordinatore del partito di Fini, Ignazio La Russa, mentre per Roberto Calderoli (Lega) "quanto è accaduto a Milano appartiene all'album di famiglia di Prodi che per decenza dovrebbe dimettersi da candidato premier". Sul fronte del centro sinistra il presidente della Margherita Francasco Rutelli, rivela la necessità di "impedire che estremisti violenti si inseriscano nella campagna elettorale con azioni irresponsabili. Non bisogna dare alcuna sponda a questi comportamenti; porte sbarrate all'estremismo e alla violenza di qualsiasi segno polito. Esprimo la più piena solidarietà alle forze dell'ordine". Solidarietà alle forze dell'ordine anche dai Ds, con il segretario Piero Fassino che difende l'Unione: nessun esponente del centro sinistra è neanche minimanente coinvolto o partecipe in tutto questo. Contro il teppismo politico bisogna esprimere un'univoca volontà di isolamento" ha dichiarato Fassino, prima di lasciare la Questura di milano, dove si è recato per rendere la sua solidarietà agli agenti feriti. "Condanna senza mazzi termini" arriva anche dal segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti.
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L'Eco di Bergamo, lunedì 13 marzo 2006
SCONTRI, ARRESTATI DUE BERGAMASCHI
Guerriglia di Milano: 41 restano in carcere, tra loro anche giovani della nostra città Pisanu: attacco programmato, lo Stato sarà parte civile. Il Pacì Paciana: liberateli
Ci sono anche due giovani bergamaschi tra i 41 arrestati sabato durante gli scontri a Milano. I bergamaschi fermati, a quanto si è appreso dagli ambienti dei centri sociali, sarebbero residenti in città. Ora si trovano in carcere a disposizione dell'autorità giudiziaria. Pesanti le accuse nei confronti degli arrestati: devastazione e saccheggio, incendio, violenza, resistenza e minaccia a pubblico ufficiale. Il più anziano ha 42 anni, il più giovane 15 (tre i minori coinvolti) mentre due degli arrestati hanno precedenti di polizia per gli incidenti del G8 a Genova. Altri hanno precedenti, sempre di polizia, per reati connessi all'ordine pubblico. Il centro sociale «Pacì Paciana» di Bergamo chiede «l'immediata liberazione dei due manifestanti» bergamaschi, ai quali «esprime solidarietà». Il ministero dell'Interno, ma anche il Comune di Milano, si costituiranno parte civile quando si aprirà il processo. E il ministro dell'Interno Beppe Pisanu lancia un monito per il futuro: «Le forze dell'ordine reprimeranno ogni episodio di violenza politica che si dovesse verificare da qui alle elezioni, così come avvenuto a Milano». «L'assalto di sabato – dice Pisanu – era stato accuratamente programmato e freddamente predisposto, e tra i responsabili sono ricomparsi alcuni che hanno fatto parte di coloro che hanno assaltato le forze dell'ordine al G8 di Genova. Anche per questo devono pagare fino in fondo i danni provocati, e anche per questo ci si aspetta da parte della magistratura condanne severe».
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«LA GUERRIGLIA DI MILANO PROGRAMMATA A TAVOLINO»
Pisanu: lo Stato si costituirà parte civile, la politica ora rifletta Due bergamaschi fra le 41 persone arrestate. Pesanti le accuse
MILANO Ci sono anche due giovani bergamaschi tra le persone arrestate l'altro ieri durante gli scontri di corso Buenos Aires a Milano. I bergamaschi fermati, a quanto si è appreso dagli ambienti dei centri sociali, sarebbero residenti in città. Ora si trovano nel carcere di Bollate a disposizione dell'autorità giudiziaria. «Chiediamo l'immediata liberazione dei due manifestanti – hanno spiegato ieri dal centro sociale "Pacì Paciana" di Bergamo, che era presente a Milano con alcuni suoi esponenti e che come i due ragazzi fermati non appartengano a nessuna organizzazione in particolare – ed esprimiamo a loro tutta la nostra solidarietà. Sono rimasi vittime di una caccia all'uomo ingiustificata per il solo fatto di essere scesi in piazza per opporsi ad un corteo dichiaratamente fascista e razzista, per di più organizzato in una città come Milano, che è medaglia d'oro per la Resistenza». Il bilancio complessivo degli scontri con le forze dell'ordine è di 41 persone fermate: una ventina sono milanesi, mentre gli altri, oltre che da Bergamo, vengono da altre città del Nord come Brescia, Como, Trento. Il più anziano ha 42 anni, il più giovane 15 (sono tre i minori coinvolti) mentre due degli arrestati hanno precedenti di polizia per gli incidenti del G8 a Genova. Altri hanno precedenti, sempre di polizia, per reati connessi all'ordine pubblico. Tra i milanesi sono stati arrestati esponenti dei centri sociali «Orso», «Pergola», «Panetteria» e della casa occupata di Villa Litta. Nelle prossime 48 ore gli arrestati sono attesi davanti al gip di Milano per la convalida dell'arresto. Altri quattro fermati sono risultati estranei agli incidenti veri e propri e sono stati rimessi in libertà. Pesanti le accuse nei confronti dei 41. Tra di loro anche un'anarchica e una seconda persona già coinvolte negli scontri del luglio 2001, nel corso del G8 di Genova. Il pm Piero Basilone li accusa di reati gravi: devastazione e saccheggio, incendio, violenza e poi violenza, resistenza e minaccia a pubblico ufficiale. E il ministero dell'Interno ma anche il Comune di Milano si costituiranno parte civile quando si aprirà il processo. Dopo aver espresso, sabato, una dura condanna, Pisanu lancia un ammonimento per il futuro: «Le forze dell'ordine reprimeranno ogni episodio di violenza politica che si dovesse verificare da qui alle elezioni, così come avvenuto a Milano». Insomma, di fronte a violenze come quelle di sabato non ci sarà mai nessuna trattativa né, tantomeno, nessuna concessione da parte di polizia e carabinieri. «L'assalto – dice Pisanu – era stato accuratamente programmato e freddamente predisposto, e tra i responsabili sono ricomparsi alcuni che hanno fatto parte di coloro che hanno assaltato le forze dell'ordine al G8 di Genova». Anche per questo, prosegue il titolare del Viminale, «devono pagare fino in fondo i danni che hanno provocato» e anche per questo ci si aspetta da parte della magistratura «condanne severe». Pisanu non ha dubbi sulla provenienza dei giovani che hanno assaltato il centro di Milano. È gente, dice, «dei centri sociali. Così come venivano dai centri sociali, e vi hanno spesso trovato rifugio, gli anarchici, i marxisti-leninisti e gli autonomi che hanno messo a ferro e fuoco Genova». Il ministro non parla di chiusura degli spazi autogestiti; chiede però una riflessione seria: «Non ci si può ingannare; bisogna riflettere senza giudizi sommari ma anche senza assoluzioni sommarie quanto meno avventate». Il questore di Milano, Paolo Scarpis, ieri ha fatto un bilancio definitivo della mattinata di follia di sabato 12 feriti tra le forze dell'ordine (otto della Polizia e quattro carabinieri) per lancio di razzi di segnalazione ad altezza d'uomo, mentre sei cittadini sono andati a farsi curare in ospedale per il bruciore agli occhi, causato dal fumo dei razzi e dai lacrimogeni. Imponente anche l'arsenale sequestrato: bastoni, tirapugni, zaini pieni di pietre, una tanica di benzina, passamontagna, coltelli a serramanico, bombe carta con chiodi a tre punte, estintori, martelletti frangivetro che di solito sono in dotazione a bordo dei mezzi pubblici in caso d'emergenza. Poi i danni materiali elencati dal questore: cinque vetture date alle fiamme, altrettante con i vetri infranti, un motorino incendiato, le vetrate di McDonald's, il call-center di An distrutto. Poi l'appendice della distruzione di un'auto con i colori d'istituto della Polizia ferroviaria, alla stazione Nord Bovisa, forse collegata agli scontri che, nelle intenzioni, intendevano bloccare la manifestazione della Fiamma Tricolore. I responsabili della «Assemblea antifascista» rispondono alle accuse che sono arrivate loro da tutte le parti politiche: «La responsabilità di questi scontri è chiara, è delle forze dell'ordine che non hanno impedito ai fascisti di marciar. È immaturo fossilizzarsi su questi scontri: il dato politico è che Milano non vuole i fascisti. La città contro di noi, come hanno scritto i giornali, noi non l'abbiamo vista». Ma ieri, in poche ore, esponenti di An, in corso Buenos Aires, hanno raccolto – come ha riferito il vicesindaco De Corato – 2.500 firme di solidarietà con le forze dell'ordine.
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L'Eco di Bergamo, martedì 14 marzo 2006
SCONTRI A MILANO, LA POLEMICA INFIAMMA
La Cdl: «Caruso sia ritirato dalle liste». Il leader no-global: «Falsa l'intervista al Quotidiano Nazionale» Tensioni in tv tra Fini e Rutelli. Paura per la manifestazione a favore della pace organizzata sabato a Roma ROMA Gli incidenti che sabato hanno sconvolto il centro di Milano continuano a infiammare la polemica politica. Mentre i poli proseguono ad attaccarsi, rinfacciandosi reciprocamente le alleanze con estremisti, di destra o di sinistra, scoppia la bufera sul leader no-global Francesco Caruso per il contenuto di una sua intervista al Quotidiano Nazionale (QN), smentita dal diretto interessato, che in più riprese afferma di non aver mai neppure parlato con un giornalista del giornale, ma confermata dal direttore Mazzuca. Nell'intervista, si legge che Caruso invita, «prima di condannare, come stanno facendo in queste ore i dirigenti dell'Unione», a «interrogarsi sul perché di quella manifestazione» e appurare «che non ci siano state provocazioni». E nella stessa intervista c'è Caruso che annuncia la richiesta di «un'amnistia generalizzata» per «i settemila ragazzi inquisiti (come lo stesso Caruso, ndr) in Italia per cinque anni di lotte e mobilitazioni contro il governo di Silvio Berlusconi». Parole che scatenano la Cdl. Da più parti il centrodestra chiede a Fausto Bertinotti di ritirare la candidatura di Caruso e poco dopo giunge la smentita del diretto interessato: «Non ho mai rilasciato interviste al Quotidiano Nazionale. L'intervista – afferma Caruso – è inventata di sana pianta», dichiarazione contestata dal direttore Mazzuca. Gli incidenti di Milano sono al centro anche di un aspro botta e risposta tra Gianfranco Fini e Francesco Rutelli a Matrix. Il leader di An si scaglia contro la «compiacenza» dell'Unione con «questi signori» e porta ad esempio il caso Caruso: «È il capo dei disobbedienti napoletani – tuona Fini -, ha una fedina penale lunga due chilometri e ha detto che andrà in Parlamento per non andare in galera». Dura le replica di Rutelli che imputa alla Cdl la presenza nelle liste di «fascisti, che negano l'Olocausto», quelli cioè di Alternativa Sociale che hanno manifestato anche loro sabato a Milano. «Ti informo che quei signori – è la controreplica di Fini – in quei cortei gridavano "Fini boia" e io credo di essere il personaggio politico più odiato da quella gente. Invece da voi c'è un'operazione politica di compiacenza con la sinistra radicale». Intanto Forza Italia e An chiedono al ministro dell'Interno Pisanu di riferire in Parlamento sui fatti di sabato, richiesta appoggiata anche dai Ds, a patto che si discuta anche della manifestazione della Fiamma. Infine cresce nel centrosinistra qualche apprensione per la manifestazione per la pace convocata a Roma per sabato prossimo. Timore che il leader del Prc Fausto Bertinotti esorcizza con un impegno preciso: «Abbiamo fatto coraggiosamente e non da ora una scelta di non violenza. Siamo impegnati a isolare ogni propensione, anche la più sparuta, alla sopraffazione e alla violenza. E contemporaneamente – assicura il leader Prc – siamo impegnati a fare manifestazioni, a partire da quella di sabato a Roma per la pace, rispettose dell'integrità delle persone e delle cose».
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OGGI GLI INTERROGATORI PER I 35 ARRESTATI
Tra loro due bergamaschi, altri 5 denunciati. Nuovi cortei nel capoluogo. Presidi a Dalmine e Trescore
Saranno interrogati in carcere a partire da oggi 35 dei 38 manifestanti arrestati per gli scontri con le forze dell'ordine avvenuti sabato mattina in corso Buenos Aires a Milano. Tra loro ci sono due bergamaschi: Vincenzo Vecchi, 33 anni, di Calcinate ma residente a Milano e già a processo per i disordini del G8 di Genova, e Flavia Mapelli, di Bergamo, operaia a Trescore Balneario. Altri 5 bergamaschi risulterebbero indagati a piede libero. Anche la compagna di Vecchi, Marina Cugnaschi, 40 anni, di Lecco, è finita in carcere. E anche lei è già a processo per il G8. GLI INTERROGATORI Le accuse per gli arrestati vanno dal reato di devastazione (pena minima 8 anni), incendio, uso di armi improprie ed esplosivo, violenza a pubblico ufficiale. I gip Mariolina Panasiti ed Enrico Manzi dovranno pronunciarsi sulla convalida degli arresti e sulla permanenza o meno degli arrestati in carcere. Per i restanti tre arrestati, non ancora diciottenni, si occuperà il tribunale per i minorenni. Il numero complessivo degli arrestati dopo gli incidenti era in realtà 41, ma tre di loro sono stati rimessi in libertà dal pm di Milano Piero Basilone. Sul fronte indagini, infine, l'informativa compilata dalla Digos di Milano fa riferimento a una presunta riunione avvenuta il primo marzo al centro sociale Pergola, in cui – secondo gli investigatori – sarebbero stati stabiliti tempi e modalità dell'azione per contrastare la manifestazione della Fiamma Tricolore. A MILANO NUOVI CORTEI E prosegue anche lo stato di massima attenzione da parte delle forze dell'ordine. Giovedì 16 marzo a Milano, infatti, si svolgerà un corteo in memoria di Dax, l'antagonista ucciso tra anni fa da neofascisti, che militava nell'«Orso», uno dei centri sociali milanesi. Un'altra manifestazione si terrà, sempre a Milano, sabato 18 marzo, ancora in memoria di Dax: ma il corteo, secondo i programmi, dovrebbe culminare sotto il carcere di San Vittore, dove si trovano gli arrestati per gli scontri di sabato scorso. BERGAMO, DUE PRESÌDI DEI COBAS Oggi, inoltre, nella Bergamasca si terranno due presìdi del sindacato «Slai Cobas per il sindacato di classe». Il primo dalle 13 alle 14,30 alla portineria di Mariano di Dalmine della Tenaris Dalmine: tra i bergamaschi agli scontri di sabato con la polizia, infatti, c'era anche Massimo Seghezzi, delegato Slai Cobas per il sindacato di classe nella Rsu della Dalmine, che è rimasto ferito (7 giorni la prognosi). Il secondo presìdio invece sarà all'esterno della Triumph, azienda di Trescore Balneario presso la quale lavora Flavia Mapelli, la bergamasca arrestata. Ieri gli esponenti bergamaschi dello Slai Cobas per il sindacato di classe sono intervenuti nel dibattito: «Vogliamo richiamare l'attenzione di tutti sulla gravità di aver autorizzato un corteo fascista nel cuore del capoluogo lombardo e ribaltare il concetto di aggrediti e di aggressori. Permettere un corteo fascista è stata la vera violenza, persino contro la Costituzione. Eppure i media di questo non hanno parlato», ha spiegato il coordinatore provinciale Sebastiano Lamera. «Ribadiamo la nostra solidarietà agli antifascisti arrestati: è inaccettabile che i valori della Resistenza siano stati negati aggredendo chi è sceso in piazza per riaffermarli» . Ha portato la sua testimonianza lo stesso Massimo Seghezzi: «Sono finito a terra perché spintonato nel corteo – ha detto – e poi sono stato preso a calci dalla forze dell'ordine. Mi hanno insultato a lungo e poi mi hanno portato via mentre le persone ai bordi del marciapiede gridavano che mi lasciassero nelle loro mani. Mi hanno trattenuto in Questura per oltre 10 ore, fino all'una di notte, insieme agli altri, portandoci solo una bottiglia d'acqua e un mela. Solo all'una di notte sono stato rilasciato e sono potuto andare all'ospedale». Il sindacato ha anche annunciato che presenterà un esposto contro le forze dell'ordine.
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