Domenica 9 gennaio 2005 i soliti ignoti incendiano l’Officina della Resistenza Sociale di Milano. Questo centro sociale è un simbolo per l’attività antifa del capoluogo lombardo, e, per questo, paga un prezzo altissimo. Il 16 marzo 2003 Davide “Dax” Cesare, militante antifa vicino all’O.R.So., veniva assassinato a coltellate da tre fascisti, un padre con i suoi due figli. Non sarà l’ultima aggressione verso i militanti dell’O.R.So.. La versione diffusa dai carabinieri sull’incendio del centro sociale milanese parla di un rogo accidentale causato da un corto circuito.
Ha sconfessare miseramente la versione dei carabinieri, l’evidenza di due focolai in due diversi locali dello stabile non collegati tra loro (uno dei quali sprovvisto d’impianto elettrico..) e il fatto che, per appiccare il fuoco, gli autori dell’attentato incendiario, si siano serviti di diversi striscioni (strappandoli dalle pareti e accatastandoli nel mezzo dei due focolai). Un elemento, rivelato dal quotidiano Liberazione, appare da subito importantissimo: sul posto viene rinvenuta una mazzetta da 4 kg, nuova e inutilizzata, uguale in tutto e per tutto a quella rinvenuta nel piazzale del centro sociale Pacì Paciana di Bergamo dopo l’incendio del 21 dicembre. Quella mazzetta è il simbolo del network nazista Hammer Skin, di cui la Skinhouse di Milano è il punto di riferimento principale.
Di seguito l’articolo di Liberazione.
Liberazione, martedì 11 gennaio 2005
MILANO, BRUCIA L’OFFICINA DEI COMPAGNI DI DAX
A fuoco nella notte il centro sociale Orso. E’ l’ennesimo attentato fascista in cinque mesi ai danni di una struttura di movimento. L’ipotesi: qualcuno coordina i branchi di squadristi Erano le quattro di notte, così hanno raccontato alcuni vicini, quando qualcuno ha scavalcato il muro che separa il retro dello stabile di via Gola 16 da un parcheggio. Almeno tre persone hanno sollevato la recinzione di filo spinato sul retro dell’ex officina meccanica e hanno appiccato fuoco all’Orso, acronimo di Officina di Resistenza Sociale. E’ l’occupazione in cui ha lavorato Dax, Davide Cesare, fino a quando tre fascisti non lo hanno ucciso in un agguato due anni fa in una strada lì vicino. Il giovane operaio aveva 26 anni e una figlia. Quando gli antifascisti sono arrivati sul posto hanno trovato distrutta gran parte del magazzino, l’archivio e il bar. la bandiera rossa, quella listata a lutto per Dax, era gettata su una tettoia e altri striscioni buttati a terra e strappati. Abbandonata in un angolo una mazzetta da 4 kg nuova. La versione ufficiale fornita dai carabinieri alle agenzie stampa – incendio causato da corto circuito a uno dei frigoriferi – non convince i compagni di Dax viste l’evidenza di almeno due focolai in zone non collegate tra loro (non ci sono segni di sfiammate tra il bar e il magazzino dove, peraltro non c’è impianto elettrico) e la coincidenza con una catena di incendi e aggressioni fasciste che sta attraversando la Lombardia. Il 22 dicembre scorso è stato dato alle fiamme il centro sociale bergamasco Pacì Paciana. Modalità simili a quelle di ieri notte e stesso marchio di fabbrica, la mazzetta nuova che richiama il sinistro simbolo del network nazista Hammerskin, che a Milano ha un punto di riferimento nella cosiddetta Skinhouse nella Bovisa. Da lì partì, il 6 agosto scorso, un gruppo di boneheads, skin di destra legati alla curva interista, armati di coltelli, che hanno cercato il morto in un locale sui Navigli vicino al c.s.o. Conchetta assalendo con il coltello sei persone, una delle quali operata d’urgenza al fegato. Una settimana dopo incendio al Cantiere, l’ex cabaret Derby occupato da disobbedienti in zona Lotto, e un tentativo fallito di scasso al Vittoria, altra storica occupazione in zona piazzale Lodi. Lì due persone sono state colte in flagranza e condannate a sei mesi. L’area di riferimento è la stessa degli accoltellatori sui Navigli. La settimana scorsa, poi, è stato tentato un ennesimo incendio al centro sociale La Sede di Vigevano che già a maggio aveva subito un attacco simile. A Garbagnate, invece, gli squadristi se la sono presa con le macchine parcheggiate davanti alla Fornace occupata. «Una catena che va avanti da mesi, quali le condanne? Quali le misure messe in atto perché non si ripetessero più questi vili attentati?», si domanda Augusto Rocchi, segretario provinciale del Prc che chiede un incontro al Prefetto. Ma da tempo la questura fa circolare voci di imminenti operazioni contro gli ambienti skin. Due le ipotesi formulate da Umberto Gay, consigliere comunale di Rifondazione comunista e giornalista con esperienze di controinchiesta: «In Lombardia gironzolano quattro o cinque piccoli branchi di sciacalli oppure quei branchi sono una rete con qualche capetto che Qualcuno, Qualcosa muove perché prima o poi tutto diventi caos, sangue, restringimento di agibilità politica». All’Orso si pende per la seconda variante stando al «crescendo di attentati e alla costanze alimentata anche dalla sostanziale impunità dei neofascisti a fronte di una serie impressionante di processi agli antifascisti milanesi». Proprio quattro militanti dell’Orso sono sotto processo a Genova con accuse incredibili di rapina per le quali hanno già subito nove mesi di restrizioni tra carcere, domiciliari e obblighi di firma. La dinamica di questa escalation sarebbe quella di «giovanissimi senza elementi di continuità col passato – spiega Saverio Ferrari a Liberazione – che trovano collante nella curva dell’Inter. Verrebbero da Bergamo, Varese, Milano e Pavia. Branchi senza intellettuali, senza riviste, a differenza del passato ma riconoscibili e riconosciuti. Che escono dagli stadi e vanno a compiere le azioni». Lunghissimo l’elenco dei messaggi di solidarietà giunti all’occupazione del Ticinese, un quartiere dove la movida non riesce a sradicare le esperienze antagoniste e di lotta per la casa. A prendere la parola centri sociali e reti antifasciste da tutta Italia e persino dal Nicaragua. Già presentata un’interrogazione da Graziella Mascia, vice presidente del gruppo del Prc a Montecitorio: «Bisogna fare luce sulle dinamiche dell’attentato della scorsa notte – dice la parlamentare – e sul clima intomidatorio che si è creato verso i luoghi in cui si agisce il conflitto sociale».