Tra pochi giorni avrà inizio la seconda edizione di Bergamo Resiste. Anche quest'anno Bergamo sarà attraversata dalla Scorribanda antifascista. La festa della Liberazione sarà l'occasione per ricordare che non siamo ancora liberi e per ribadire l'attualità necessaria dell'antifascismo. La Resistenza continua!
IL PROGRAMMA
^mercoledì 18 aprile
ore 18.00 caffè letterario, via san bernardino
ROM E SINTI, POPOLI DIMENTICATI
un incontro per parlare di un popolo perseguitato da sempre.
intervengono:
cooperativa migrantes di bergamo
associazione opera nomadi di milano
proiezione del video sul porrajemos, un documentario sulla persecuzione razziale nazista dei rom e dei sinti
^domenica 22 aprile
ore 11.00 parco pubblico ardens, via cerasoli
UN CALCIO ALL'INTOLLERANZA
un torneo di calcio multietnico per prendere a pedate l'intolleranza!
reggae sound con bergamoreggae
ore 21.00, circolo A.R.C.I. di via gorizia
L'ANTIFASCISMO SI CONFRONTA
un dibattito pubblico sull'attualità dell'antifascismo. un tavolo di confronto rivolto a tutte le forze democratiche cittadine per parlare di resistenza e memoria storica.
^martedì 24 aprile
ore 18.00, piazza vecchia
APERITIVO DELLA MEMORIA
un video itinerario attraverso i luoghi della resistenza bergamasca. esperienza personale e memoria storica si intrecciano nel racconto partigiano di bruno codenotti
aperitivo di strada e dj set
ore 22.00 c.s.a. pacì paciana, via grumello
PUNK AGAINST FASCISM
festival del punk antifascista
presentazione del video "bergamo resiste 2006", sulla prima edizione alternativa del 25 aprile.
^mercoledì 25 aprile
ore 9.00 in via pignolo
AI CADUTI PARTIGIANI
deposizione di fiori alla lapide in memoria di ferruccio dell'orto con angelica “cocca” casile e bruno codenotti
portate un fiore a ferruccio!
ore 9.30 in piazzetta santo spirito
SCORRIBANDA ANTIFASCISTA
manifestazione antifascista alternativa
ore 12.30 c.s.a. pacì paciana, via grumello
PRANZO ANTIFASCISTA
il consolidato appuntamento annuale, prenotarsi è d'obbligo!
^sabato 28 aprile
ore 15.30 casa circondariale di bergamo, via monte gleno
il 25 aprile passa ma la resistenza continua.. giù mura! giù duce! giù box!
la musica non ha mai ucciso nessuno, il carcere invece si!
per le prenotazioni del pranzo scrivi a bgresiste@gmail.it
per maggiori informazioni vai su www.antifa-bergamo.noblogs.org
per maggiori informazioni vai su www.antifa-bergamo.noblogs.org
IL SOLE NON E' ANCORA SCOMPARSO
L'Italia è in guerra. Solo chi mente sapendo di mentire può chiamare oggi “missione di pace” la partecipazione dell'esercito italiano alla crociata petrolifera di Bush in Afghanistan. Nessuno può fingere di non capire come dietro l'allargamento della base di Vicenza sia riposta la volontà di trasformare la penisola italiana in una portaerei mediterranea, funzionale alle brame degli USA sul Medioriente. La verità impresentabile è che l'oro nero inizia a scarseggiare e chi riuscirà ad accaparrarsene le ultime riserve, deciderà le sorti future del nostro Pianeta. E così l'Italia si affranca al treno del progresso occidentale; un progresso insostenibile, alla portata di pochi privilegiati, perseguito con il sacrificio dei più. Chi rimane ai margini bussa alla porta del nostro paradiso in Terra. Ma questa è una fottuta guerra, e la guerra è spietata.
L'Occidente costruisce ghetti ed erge muri: come Israele con la Palestina, come gli USA con il Messico, come i quartieri ricchi e super blindati delle megalopoli africane, oasi in un deserto di miseria. Spesso è la miseria ad essere un oasi nel deserto del benessere: come nei ghetti neri (quelli degli antichi schiavi “liberati”) negli USA, o come nel caso di via Anelli a Padova, dove la giunta di cento sinistra ha risolto il “problema” della convivenza con i migranti, isolando con una barriera metallica il loro ghetto dal resto della città. L'Occidente, insomma, non ha corrispondenza geografica, l'Occidente innalza le proprie barriere protettive ovunque si concentrano potere e ricchezza.
Ogni riserva occidentale, dove il benessere è appannaggio arrogante di un'esigua minoranza di vincitori, deve fare i conti con la propria oscena vergogna. In Francia, dove esplode la rabbia degli esclusi delle Ballieus, come in Italia, frontiera estrema dell'Europa sul continente africano, dove i migranti vengono imprigionati nei cpt, i nuovi lager di stato, solo per aver chiesto una chance: l'opportunità di accedere al privilegio di un pugno di uomini e donne nati nel posto giusto al momento giusto. La pretesa “umanizzazione” dei cpt lascia inalterata la funzione originaria di queste strutture: un deterrente incivile che punisce pochi per spaventare gli altri. A conferma di ciò basti considerare il numero di uomini e donne che vivono in Italia senza un permesso di soggiorno e il numero irrisorio di coloro che possono effettivamente essere imprigionati nei cpt. D'altronde la riforma di legge Bossi-Fini sembra studiata per produrre clandestinità, ossia privazione totale di diritti, ossia la precarietà esistenziale alle estreme conseguenze. Verrebbe quasi da pensare che questa situazione sia stata sapientemente ricercata: un'emergenza securitaria creata per trovarvi una soluzione, l'individuazione di un utile nemico interno e un esercito di non-persone, sprovviste dei diritti elementari, all'occorrenza fresca manodopera a basso costo. Questa è una fottuta guerra, e la guerra ha sempre le sue vittime.
Così le carceri traboccano di migranti, anche se essi non sono gli unici a pagare il prezzo di questa fottuta guerra. Il carcere raccoglie tutti coloro che, per vari motivi, rimangono ai margini della società del benessere, e tra di essi non vi sono solo i mediatici “clandestini”. Il carcere diventa il simbolo di una società fondata sulla disuguaglianza e la sopraffazione. Negli USA, il cuore dell'impero, un afroamericano tra i 20 e i 29 anni su 3 risiede sotto il controllo della giustizia criminale; un dato davvero sconcertante. Come sconcertanti sono i dati relativi alla casa circondariale di Bergamo, dove la metà dei detenuti è composta da migranti e, di questi, l’80% è sprovvisto di permesso di soggiorno (la percentuale dei detenuti provenienti da altri paesi è stata aggravata considerevolmente dall’introduzione della riforma di legge Bossi-Fini). Sul totale dei carcerati il 30% è tossicodipendente e il 40% sta scontando pene per reati relativi alla legislazione sulle sostanze stupefacenti. Anche in questo caso l’introduzione della riforma di legge Fini-Sirchia è destinata ad accrescere il numero di detenuti. La situazione sanitaria è esplosiva: i detenuti sieropositivi sono 25, coloro che hanno l’epatite B o C sono 34, con il diabate 14, con malattie cardiovascolari 20 e le persone con problematiche di disagio psichico sono 129. A questi dati va aggiunta la gravissima situazione di sovraffolamento, dove le celle da 3 persone sono attualmente adibite ad ospitarne un numero doppio. Ma non è che una conseguenza necessaria. Nella società del benessere, dove, non solo la ricchezza e le risorse, ma anche i diritti, sono ripartiti in maniera disuguale, la pace sociale deve essere imposta con la coercizione; e il prezzo da tributarle è altissimo.
La nostra società è in guerra. I telegiornali propugnano martellanti campagne “law & order” e la sicurezza diventa una priorità assoluta, una richiesta irrazionale di ordine e controllo che, curiosamente, cresce nell'uomo (e nella donna) qualunque in modo proporzionale alla crescita dell'insicurezza sociale, che invece esigerebbe ben altre vitali necessità (un lavoro sicuro, una casa..).
Nel sonno delle menti le voci fuori dal coro non trovano cittadinanza e i margini del dibattito politico “lecito” finiscono per restringersi pericolosamente, sotto i colpi del conformismo e dell'indifferenza. Ma è solo un altro effetto di questa fottuta guerra. Nessuno si accorge del lento scivolare verso destra dell'asse del sistema politico italiano: la sinistra parlamentare diventa “radicale”, “massimalista” ed “estrema”, in una parola inattendibile, mentre i centri sociali diventano una piaga da reprimere, un sassolino nella scarpa di cui liberarsi quanto prima. Tutto quello che esce dal seminato del dibattito politico, se non è tacciato apertamente di terrorismo, poco ci manca. Di contro gli episodi gravissimi e ormai quotidiani di squadrismo che attraversano il paese (aggressioni brutali, stupri nei confronti di attiviste lesbiche, attentati incendiari e marcette dai riferimenti storici non celati) rimangono taciuti sistematicamente, nel disinteresse anche della stessa sinistra istituzionale. La destra intollerante, prossima a una destra parlamentare che in Italia non ha mai maturato una propria dimensione democratica, gode di un'agibilità senza precedenti in nessun paese europeo.
In questo contesto, la guerra come strumento di prevaricazione e la negazione dei diritti dei migranti, vanno di pari passo con una cultura competitiva e aggressiva dove il più forte vince e il più debole soccombe, e dove razzismo e xenofobia serpeggiano tra i luoghi comuni e i pregiudizi delle persone. Una cultura autoritaria ed estranea alla democrazia, che contempla la punizione, il rifiuto della diversità, l'uso della forza e la sopraffazione dell'avversario. Un contesto dove l'intolleranza trova asilo politico e guadagna il suo legittimo spazio nel dibattito pubblico. Dove si bruciano i campi nomadi alla presenza partecipata di consiglieri comunali di centro destra, ma esplode un caso nazionale se in una manifestazione di 10.000 persone viene dato fuoco ad una bandiera a stelle e strisce. Dove ci si dimentica volentieri degli episodi storici imbarazzanti; dove non piace a nessuno ricordare i crimini orribili perpetrati dall'italietta fascista in ex Jugoslavia e in Etiopia, ma si ricordano volentieri impavidi eroi gassatori di popolazioni inermi, come l'avviatore ed ex podestà fascista di Bergamo Antonio Locatelli.
Crediamo che ci sia ancora bisogno di antifascismo e di Resistenza. Crediamo che il 25 aprile non debba essere il ricordo polveroso di qualcosa che fu e di conquiste ormai consolidate, ma l'occasione per trarre un bilancio su quanto ancora si debba fare, perché nulla deve essere dato per scontato. La festa della Liberazione come occasione per ricordare che non siamo ancora liberi. Il ricordo della Resistenza partigiana come momento alto della storia italiana, ma anche come inizio di un percorso che non è ancora concluso. Se pur con differenti forme la Resistenza deve continuare, perché di essa abbiamo ancora bisogno. Finché ci sarà una guerra ci sarà un buon motivo per battersi contro di essa. Finché non otterremo vere giustizia sociale e uguaglianza, non saremo liberi. Non saremo liberi finché non sarà libero l'ultimo dei miserabili sfruttati della terra. All'intolleranza rispondiamo con la solidarietà e all'arroganza del potere guardiamo negli occhi con il coraggio, la speranza, e anche con la nostra allegria. Se saremo pochi, saremo le voci di coloro che gridano nel deserto. Se non saremo abbastanza per abbattere il muro della vostra indifferenza, saremo la vostra spina nel fianco. Di fronte alla rassegnazione saremo la voce della vostra coscienza, per ricordarvi che il sole non è ancora scomparso.
Contro il razzismo e contro la guerra!
Per i diritti dei migranti e il ritiro delle truppe dall'Afghanistan!
“Ogni tempo ha il suo fascismo. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell'intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l'informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l'ordine”. (Primo Levi)
L'Italia è in guerra. Solo chi mente sapendo di mentire può chiamare oggi “missione di pace” la partecipazione dell'esercito italiano alla crociata petrolifera di Bush in Afghanistan. Nessuno può fingere di non capire come dietro l'allargamento della base di Vicenza sia riposta la volontà di trasformare la penisola italiana in una portaerei mediterranea, funzionale alle brame degli USA sul Medioriente. La verità impresentabile è che l'oro nero inizia a scarseggiare e chi riuscirà ad accaparrarsene le ultime riserve, deciderà le sorti future del nostro Pianeta. E così l'Italia si affranca al treno del progresso occidentale; un progresso insostenibile, alla portata di pochi privilegiati, perseguito con il sacrificio dei più. Chi rimane ai margini bussa alla porta del nostro paradiso in Terra. Ma questa è una fottuta guerra, e la guerra è spietata.
L'Occidente costruisce ghetti ed erge muri: come Israele con la Palestina, come gli USA con il Messico, come i quartieri ricchi e super blindati delle megalopoli africane, oasi in un deserto di miseria. Spesso è la miseria ad essere un oasi nel deserto del benessere: come nei ghetti neri (quelli degli antichi schiavi “liberati”) negli USA, o come nel caso di via Anelli a Padova, dove la giunta di cento sinistra ha risolto il “problema” della convivenza con i migranti, isolando con una barriera metallica il loro ghetto dal resto della città. L'Occidente, insomma, non ha corrispondenza geografica, l'Occidente innalza le proprie barriere protettive ovunque si concentrano potere e ricchezza.
Ogni riserva occidentale, dove il benessere è appannaggio arrogante di un'esigua minoranza di vincitori, deve fare i conti con la propria oscena vergogna. In Francia, dove esplode la rabbia degli esclusi delle Ballieus, come in Italia, frontiera estrema dell'Europa sul continente africano, dove i migranti vengono imprigionati nei cpt, i nuovi lager di stato, solo per aver chiesto una chance: l'opportunità di accedere al privilegio di un pugno di uomini e donne nati nel posto giusto al momento giusto. La pretesa “umanizzazione” dei cpt lascia inalterata la funzione originaria di queste strutture: un deterrente incivile che punisce pochi per spaventare gli altri. A conferma di ciò basti considerare il numero di uomini e donne che vivono in Italia senza un permesso di soggiorno e il numero irrisorio di coloro che possono effettivamente essere imprigionati nei cpt. D'altronde la riforma di legge Bossi-Fini sembra studiata per produrre clandestinità, ossia privazione totale di diritti, ossia la precarietà esistenziale alle estreme conseguenze. Verrebbe quasi da pensare che questa situazione sia stata sapientemente ricercata: un'emergenza securitaria creata per trovarvi una soluzione, l'individuazione di un utile nemico interno e un esercito di non-persone, sprovviste dei diritti elementari, all'occorrenza fresca manodopera a basso costo. Questa è una fottuta guerra, e la guerra ha sempre le sue vittime.
Così le carceri traboccano di migranti, anche se essi non sono gli unici a pagare il prezzo di questa fottuta guerra. Il carcere raccoglie tutti coloro che, per vari motivi, rimangono ai margini della società del benessere, e tra di essi non vi sono solo i mediatici “clandestini”. Il carcere diventa il simbolo di una società fondata sulla disuguaglianza e la sopraffazione. Negli USA, il cuore dell'impero, un afroamericano tra i 20 e i 29 anni su 3 risiede sotto il controllo della giustizia criminale; un dato davvero sconcertante. Come sconcertanti sono i dati relativi alla casa circondariale di Bergamo, dove la metà dei detenuti è composta da migranti e, di questi, l’80% è sprovvisto di permesso di soggiorno (la percentuale dei detenuti provenienti da altri paesi è stata aggravata considerevolmente dall’introduzione della riforma di legge Bossi-Fini). Sul totale dei carcerati il 30% è tossicodipendente e il 40% sta scontando pene per reati relativi alla legislazione sulle sostanze stupefacenti. Anche in questo caso l’introduzione della riforma di legge Fini-Sirchia è destinata ad accrescere il numero di detenuti. La situazione sanitaria è esplosiva: i detenuti sieropositivi sono 25, coloro che hanno l’epatite B o C sono 34, con il diabate 14, con malattie cardiovascolari 20 e le persone con problematiche di disagio psichico sono 129. A questi dati va aggiunta la gravissima situazione di sovraffolamento, dove le celle da 3 persone sono attualmente adibite ad ospitarne un numero doppio. Ma non è che una conseguenza necessaria. Nella società del benessere, dove, non solo la ricchezza e le risorse, ma anche i diritti, sono ripartiti in maniera disuguale, la pace sociale deve essere imposta con la coercizione; e il prezzo da tributarle è altissimo.
La nostra società è in guerra. I telegiornali propugnano martellanti campagne “law & order” e la sicurezza diventa una priorità assoluta, una richiesta irrazionale di ordine e controllo che, curiosamente, cresce nell'uomo (e nella donna) qualunque in modo proporzionale alla crescita dell'insicurezza sociale, che invece esigerebbe ben altre vitali necessità (un lavoro sicuro, una casa..).
Nel sonno delle menti le voci fuori dal coro non trovano cittadinanza e i margini del dibattito politico “lecito” finiscono per restringersi pericolosamente, sotto i colpi del conformismo e dell'indifferenza. Ma è solo un altro effetto di questa fottuta guerra. Nessuno si accorge del lento scivolare verso destra dell'asse del sistema politico italiano: la sinistra parlamentare diventa “radicale”, “massimalista” ed “estrema”, in una parola inattendibile, mentre i centri sociali diventano una piaga da reprimere, un sassolino nella scarpa di cui liberarsi quanto prima. Tutto quello che esce dal seminato del dibattito politico, se non è tacciato apertamente di terrorismo, poco ci manca. Di contro gli episodi gravissimi e ormai quotidiani di squadrismo che attraversano il paese (aggressioni brutali, stupri nei confronti di attiviste lesbiche, attentati incendiari e marcette dai riferimenti storici non celati) rimangono taciuti sistematicamente, nel disinteresse anche della stessa sinistra istituzionale. La destra intollerante, prossima a una destra parlamentare che in Italia non ha mai maturato una propria dimensione democratica, gode di un'agibilità senza precedenti in nessun paese europeo.
In questo contesto, la guerra come strumento di prevaricazione e la negazione dei diritti dei migranti, vanno di pari passo con una cultura competitiva e aggressiva dove il più forte vince e il più debole soccombe, e dove razzismo e xenofobia serpeggiano tra i luoghi comuni e i pregiudizi delle persone. Una cultura autoritaria ed estranea alla democrazia, che contempla la punizione, il rifiuto della diversità, l'uso della forza e la sopraffazione dell'avversario. Un contesto dove l'intolleranza trova asilo politico e guadagna il suo legittimo spazio nel dibattito pubblico. Dove si bruciano i campi nomadi alla presenza partecipata di consiglieri comunali di centro destra, ma esplode un caso nazionale se in una manifestazione di 10.000 persone viene dato fuoco ad una bandiera a stelle e strisce. Dove ci si dimentica volentieri degli episodi storici imbarazzanti; dove non piace a nessuno ricordare i crimini orribili perpetrati dall'italietta fascista in ex Jugoslavia e in Etiopia, ma si ricordano volentieri impavidi eroi gassatori di popolazioni inermi, come l'avviatore ed ex podestà fascista di Bergamo Antonio Locatelli.
Crediamo che ci sia ancora bisogno di antifascismo e di Resistenza. Crediamo che il 25 aprile non debba essere il ricordo polveroso di qualcosa che fu e di conquiste ormai consolidate, ma l'occasione per trarre un bilancio su quanto ancora si debba fare, perché nulla deve essere dato per scontato. La festa della Liberazione come occasione per ricordare che non siamo ancora liberi. Il ricordo della Resistenza partigiana come momento alto della storia italiana, ma anche come inizio di un percorso che non è ancora concluso. Se pur con differenti forme la Resistenza deve continuare, perché di essa abbiamo ancora bisogno. Finché ci sarà una guerra ci sarà un buon motivo per battersi contro di essa. Finché non otterremo vere giustizia sociale e uguaglianza, non saremo liberi. Non saremo liberi finché non sarà libero l'ultimo dei miserabili sfruttati della terra. All'intolleranza rispondiamo con la solidarietà e all'arroganza del potere guardiamo negli occhi con il coraggio, la speranza, e anche con la nostra allegria. Se saremo pochi, saremo le voci di coloro che gridano nel deserto. Se non saremo abbastanza per abbattere il muro della vostra indifferenza, saremo la vostra spina nel fianco. Di fronte alla rassegnazione saremo la voce della vostra coscienza, per ricordarvi che il sole non è ancora scomparso.
Contro il razzismo e contro la guerra!
Per i diritti dei migranti e il ritiro delle truppe dall'Afghanistan!
“Ogni tempo ha il suo fascismo. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell'intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l'informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l'ordine”. (Primo Levi)