Giovedì 18 luglio 2006 il Tribunale di Milano condanna a 4 anni di reclusione 18 delle 25 persone inquisite per i fatti di sabato 11 marzo. Dopo più di 4 mesi di carcerazione preventiva assolutamente ingiustificata (considerato che la grande maggioranza degli arrestati e delle arrestate avevano la fedina penale immacolata e considerando che alcuni di loro erano anche minorenni), arriva una sentenza pesantissima che costituisce un inquietante precedente giuridico. Sulle persone inquisite non sussiste infatti alcuna prova che documenti il coinvolgimento nei danneggiamenti, o nel fronteggiamento con le forze dell'ordine, per altre non è stato nemmeno possibile provarne la presenza fisica in corso Buenos Aires. Per l'occasione la Magistratura ha rispolverato il reato di devastazione e saccheggio, introdotto nel dopoguerra come strumento a cui ricorrere nei casi di grave turbativa della sicurezza dello stato e, fino a qualche tempo fa, praticamente inutilizzato.
Scarica il dossier Fenomenologia di una strategia, sul processo per i fatti di sabato 11 marzo. Per ulteriori informazioni puoi consultare il sito web di DoveVadoEvado, o la sezione dedicata ai fatti di sabato 11 marzo sul sito web di Supporto Legale.
Tra le numerose personalità pubbliche che si interessano al caso dei e delle 25 di sabato 11 marzo c'è anche anche Beppe Grillo, il quale prende posizione sull'assurdità della custodia cautelare e sulla richiesta spropositata del Pubblico Ministero. Di seguito l'intervista all'avvocato della difesa Mirko Mazzali, dal blog di Beppe Grillo.
http://www.youtube.com/watch?v=8SJ7BQJFLyQ
Di seguito la rassegna stampa nazionale.
Il Giorno, venerdì 19 luglio 2006
DISORDINI CORSO BUENOS AIRES
DICIOTTO CONDANNE A QUATTRO ANNI E NOVE ASSOLUZIONI
Il Gup Giorgio Barbuto ha concesso a tutti i condannati gli arresti domiciliari. Proteste dei familiari dei ragazzi ai quali non è stato consentito di assistere alla lettura della sentenza. Un padre: "Provo una profonda tristezza di vivere in Italia".
Milano, 19 luglio – Diciotto condanne a 4 anni, 9 assoluzioni e due patteggiamenti a un anno e a 50 euro di ammenda. Questa la sentenza del gup Giorgio Barbuto per i 29 imputati per i disordini avvenuti in corso Buenos Aires lo scorso 11 marzo, secondo quanto riferito dal pm Piero Basilone. A tutti i condannati sono stati concessi gli arresti domiciliari. "Provo una profonda tristezza di vivere in Italia". E' lo sfogo di Carlo Pagani, padre di uno degli imputati condannati a 4 anni per i disordini avvenuti in corso Buenos Aires al termine della lettura della sentenza. "Ho vissuto metà della mia vita in Cile e là non ho mai visto accadere niente di simile. Il gup ha condannato le persone di cui aveva una foto che le ritraeva alla manifestazione e non i 'fantasmi'". Pagani, come altri genitori, non ha potuto assistere alla lettura del dispositivo perché i carabinieri non gli hanno permesso l'ingresso. "Avevamo chiesto al gup attraverso gli avvocati una cosa di buon senso. Il tentativo era di mediare. Abbiamo chiesto che facessero entrare almeno i genitori e invece niente".
—
www.ansa.it, giovedì 19 luglio 2006
Un corteo, composto dai giovani dei centri sociali, amici e genitori delle persone condannate e di quelle assolte oggi a Milano per i disordini dell'11 marzo scorso in corso Buenos Aires, e' partito dal palazzo di giustizia di Milano dove questa mattina il gup Giorgio Barbuto ha letto la sentenza. Il corteo, circa 200 persone, si e' diretto verso piazza Fontana. Non si sa se raggiungera' il carcere di San Vittore dove per oltre quattro mesi sono stati detenuti circa una ventina dei partecipanti agli scontri. Quattro anni di reclusione. E' questa la pena inflitta dal Gup Giorgio Barbuto, con rito abbreviato, a 18 dei giovani accusati delle devastazioni avvenute l'11 marzo scorso in corso Buenos Aires a Milano. Nove imputati sono stati assolti mentre due hanno patteggiato per reati minori. I patteggiamenti sono stati uno a 1 anno di reclusione, l'altro a 50 euro di ammenda. Tutti i giovani condannati sono stati posti dal gup agli arresti domiciliari dopo aver trascorso oltre quattro mesi rinchiusi a San Vittore. Gli altri o erano gia' liberi o sono stati rimessi in liberta'. L'avvocato Mirko Mazzali, che difende 16 delle persone finite sotto processo e che ha visto assolvere sei dei suoi assistiti, ha sottolineato che ''questo e' solo il primo grado di giudizio'' e si e' detto in parte soddisfatto perche' ''complessivamente ci sono state nove assoluzioni. Attendiamo di leggere le motivazioni poi presenteremo comunque appello rispetto alle condanne''.
—
L'Unità, giovedì 20 luglio 2006
Diciotto condanne a 4 anni (ai domiciliari) e nove assoluzioni. È finito così il processo per gli scontri dell'11 marzo in Corso Buenos Aires a Milano che vedeva imputati 27 ragazzi e ragazze. La sentenza è stata emessa tra le proteste dei familiari dei condannati ai quali non è stato consentito di assistere alla lettura della sentenza, così come non è stato permesso neppure ai giornalisti di entrare nell'aula. Questi i fatti di quell´11 marzo. Dopo giorni e giorni di tam tam in rete, l´11 marzo arrivano a Milano qualche migliaia di persone da tutta italiana per partecipare a una manifestazione, prevista nel pomeriggio, organizzata da alcuni centri sociali per impedire un raduno di militanti di Fiamma Tricolore. Ma già dalla mattina a Milano inizia una vera e propria guerriglia urbana. I ragazzi si scontrano con le forze dell'ordine: costruiscono barricate con auto bruciate, sedie e tavolini presi da un Mc Donalds. Alla fine di un pomeriggio sono 34 gli arresti convalidati dai Gip Mariolina Panasiti ed Enrico Manzi. Tre mesi dopo i ragazzi indagati erano 27, di cui 2 a piede libero. L'imputazione per tutti è pesante: concorso in devastazione e saccheggio. Il 10 giugno si apre il processo con rito abbreviato. Il pm Piero Basilone ha basato le sue accuse non solo sulla devastazione e saccheggio ma anche sul concorso morale. In parole povere i ragazzi sono colpevoli per il solo fatto di essere stati quel giorno in quel posto. «Sono giovani che hanno assistito alla prima carica, erano di fianco alla barricata accanto a persone armate e travisate. Questa – dice l´accusa – è una partecipazione significativa di adesione a ciò che stava accadendo». Insorgono gli avvocati difensori: «L'istituto del concorso morale è indecente, questi ragazzi rischiano il carcere solo per aver manifestato l'antifascismo, di alcuni di loro non si è neanche riuscito a dimostrare la presenza in piazza». Intanto si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà per 25 ragazzi e ragazze che comunque hanno trascorso in carcere 4 mesi. Oltre alle campagne promosse dai genitori e da decine di associazioni, c'è quella firmata da 150 parlamentari che chiedono la scarcerazione. Stessa richiesta è arrivata dai migliaia di ragazzi che il 17 giugno hanno sfilato per il centro di Milano. Ora che le sentenze sono arrivate i familiari dei condannati annunciano il ricorso in appello. «È grave – afferma Ugo Tenace, uno degli avvocati di un imputato condannato – che per la prima volta sia stato riconosciuto il reato di devastazione». Anche dal fronte politico arrivano le critiche per la decisione del giudice. Il consigliere regionale di Rifondazione comunista Luciano Muhlbauer, presente in Tribunale, parla di «sentenza già scritta prima ancora del processo. Una sentenza con la quale si vuole trovare una via d'uscita ad un teorema accusatorio inconsistente. Molti ragazzi – ricorda Muhlbauer – hanno fatto quattro mesi di carcere pur essendo stati riconosciuti innocenti. Altri ragazzi devono pagare con gli arresti domiciliari per un processo farsesco, che si è svolto in un clima infame. Sono contento che i ragazzi escano dal carcere – conclude il consigliere del Prc – ma giustizia non è fatta». Dello stesso tenore anche il commento di Marcello Saponaro, consigliere regionale dei Verdi in Regione Lombardia: «Nove ragazzi completamente innocenti sono stati tenuti in carcere per quattro mesi. Ora dovrebbero riflettere i politici che hanno chiesto la gogna per tutti e 25 i ragazzi senza alcuna distinzione».
—
Corriere della Sera, giovedì 20 luglio 2006
La sentenza del gup Giorgio Barbuto
SCONTRI DELL'11 MARZO, 18 CONDANNE A 4 ANNI
La pena è stata inflitta nei confronti di alcuni giovani che parteciparono alle devastazioni in corso Buenos Aires, a Milano
MILANO – Quattro anni di reclusione. È la pena inflitta dal giudice per l'udienza preliminare Giorgio Barbuto, con rito abbreviato, a 18 dei giovani accusati delle devastazioni avvenute l'11 marzo scorso in corso Buenos Aires a Milano. Nove imputati sono stati assolti mentre due hanno patteggiato per reati minori. Agli imputati condannati sono stati concessi gli arresti domiciliari. I genitori dei giovani appartenenti alla sinistra radicale hanno protestato fuori dall'aula perchè non è stato consentito loro di assistere alla lettura del dispositivo della sentenza.
GLI SCONTRI – La manifestazione, trasformatasi in guerriglia, era stata organizzata da alcuni centri sociali per impedire un raduno di militanti di Fiamma Tricolore prevista nel pomeriggio. I ragazzi si scontrano con le forze dell'ordine: costruiscono barricate con auto bruciate, sedie e tavolini presi da un Mac Donalds. Alla fine degli scontri furono 34 gli arresti convalidati dai Gip Mariolina Panasiti ed Enrico Manzi.
DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO – Tre mesi dopo i ragazzi indagati restano 27, di cui 2 a piede libero. L'imputazione è per tutti concorso in devastazione e saccheggio. Il 10 giugno si apre il processo con rito abbreviato per i 27. Il pm Piero Basilone basa le sue accuse sul concorso morale: «Sono giovani che hanno assistito alla prima carica, erano di fianco alla barricata accanto a persone armate e travisate. Questa – ha proseguito – è una partecipazione significativa di adesione a ciò che stava accadendo». La richiesta del Pm è di 5 anni e 8 mesi di carcere per 25 ragazzi e 6 anni per i due con precedenti penali. Ma gli avvocati difensori insorsero: «L'istituto del concorso morale è indecente, questi ragazzi rischiano il carcere solo per aver manifestato l'antifascismo, di alcuni di loro non si è neanche riuscito a dimostrare la presenza in piazza». Intanto si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà ai 25 in carcere da 4 mesi. Oltre alle campagne promosse dai genitori e da decine di associazioni, c'è quella firmata da 150 parlamentari che chiedono la scarcerazione. Stessa richiesta è arrivata dai migliaia di ragazzi che il 17 giugno hanno sfilato per il centro di Milano.
GENITORI – «Mi vergogno del fatto che ci siano dei giudici che dicono che mio figlio e questi ragazzi inquinano le prove, sono pericolosi socialmente, disprezzano la vita umana e possono reiterare il reato, quando leggiamo sui giornali che i signori del Sismi e il signor principe di Savoia a pochi giorni dagli arresti sono ritornati liberi». Commenta così la sentenza Giancarlo Pagani, padre di uno dei ragazzi condannati a 4 anni di reclusione. I genitori dei 29 imputati hanno inviato una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al presidente del Senato Marini, al presidente della Camera Bertinotti e al guardasigilli Clemente Mastella, in cui giudicano «devastante» la sentenza. «La lettura della sentenza – così recita la lettera – ci ha confermato i timori che, in questi quattro mesi, abbiamo più volte manifestato. Condannare delle persone a 4 anni senza prove per concorso morale in devastazione e saccheggio ci fa rabbrividire, non solo come genitori ma anche come cittadini. Siamo molto preoccupati per una sentenza devastante per la nostra Costituzione e che va contro i diritti della persona. Continueremo a lottare perché sia fatta giustizia».
CORTEO – Subito dopo la lettura della sentenza 200 giovani dei centri sociali, amici e genitori dei ragazzi condannati e di quelli assolti hanno organizzato un corteo dal tribunale a piazza Fontana. Arrivati in piazza Duomo, gli attivisti hanno steso striscioni sul sagrato: «Viva l'antifascismo militante, parte integrante della lotta per la rivoluzione proletaria»; «Libertà per gli antifascisti. Quattro anni di condanna per chi lotta. Devastatori e saccheggiatori sono lo Stato e i suoi giudici».
SCARCERATI – Nel frattempo sei dei ragazzi imputati a vario titolo di concorso in devastazione e incendio, detenuti nel carcere di Bollate, sono stati scarcerati. Lo ha annunciato l'avvocato Mirko Mazzali. Dei 6 scarcerati a Bollate, uno è stato assolto, gli altri cinque sono stati condannati agli arresti domiciliari. A loro è stata vietata dal gup qualunque comunicazione al di fuori dei coabitanti. Hanno lasciato San Vittore anche gli altri 19 giovani.
—
www.ansa.it, giovedì 20 luglio 2006
DEVASTAZIONI DELL'11/3 A MILANO: 18 CONDANNE A 4 ANNI
Milano – Quattro anni di reclusione. E' questa la pena inflitta dal Gup Giorgio Barbuto, con rito abbreviato, a 18 dei giovani accusati delle devastazioni avvenute l'11 marzo in corso Buenos Aires a Milano. Nove imputati sono stati assolti mentre due hanno patteggiato per reati minori. I patteggiamenti sono stati uno a 1 anno di reclusione, l'altro a 50 euro di ammenda. Tutti i giovani condannati sono stati posti dal gup agli arresti domiciliari dopo aver trascorso oltre quattro mesi rinchiusi a San Vittore. Gli altri o erano gia' liberi o sono stati rimessi in liberta'. L' avvocato Mirko Mazzali, che difende 16 delle persone finite sotto processo e che ha visto assolvere sei dei suoi assistiti, ha sottolineato che ''questo e' solo il primo grado di giudizio'' e si e' detto in parte soddisfatto perche' ''complessivamente ci sono state nove assoluzioni. Attendiamo di leggere le motivazioni poi presenteremo comunque appello rispetto alle condanne''. Corteo da Palagiustizia dopo sentenza Un corteo, composto dai giovani dei centri sociali, amici e genitori delle persone condannate e di quelle assolte oggi a Milano per i disordini dell' 11 marzo scorso in corso Buenos Aires, e' partito dal palazzo di giustizia di Milano dove questa mattina il gup Giorgio Barbuto ha letto la sentenza. Il corteo, circa 200 persone, si e' diretto verso piazza Fontana. Non si sa se raggiungera' il carcere di San Vittore dove per oltre quattro mesi sono stati detenuti circa una ventina dei partecipanti agli scontri. Castelli, finalmente sentenza educativa ''Finalmente una sentenza che ritengo non solo giusta, ma anche educativa''. Cosi' il presidente dei senatori della Lega Nord, Roberto Castelli, commenta la notizia della pena a quattro anni di reclusione inflitta a diciotto dei giovani accusati delle devastazioni avvenute l'11 marzo scorso in corso Buenos Aires a Milano. ''Tutti quei facinorosi che pensavano di ottenere l'immunita' per il semplice fatto di devastare una citta' quali esponenti di sinistra – prosegue Castelli – ricevono oggi una severa lezione. Spero che i magistrati di Genova che stanno svolgendo il processo sul G8, dove tra gli imputati i componenti delle forze dell'ordine sono piu' dei teppisti, tengano conto di questa sentenza''. Un padre, mi vergogno dei giudici ''Mi vergogno del fatto che ci siano dei giudici che dicono che mio figlio e questi ragazzi inquinano le prove, sono pericolosi socialmente, disprezzano la vita umana e possono reiterare il reato, quando leggiamo sui giornali che i signori del Sismi e il signor principe di Savoia a pochi giorni dagli arresti sono ritornati liberi''. Commenta cosi' a caldo la sentenza di questa mattina Giancarlo Pagani, libero professionista dell' hinterland milanese e padre di uno dei ragazzi condannati a 4 anni di reclusione per i disordini dello scorso 11 marzo in corso Buenos Aires. Giancarlo Pagani ha spiegato che ora lui e gli altri genitori scriveranno una lettera al Presidente Napolitano, al presidente del Consiglio Romano Prodi e ai presidenti di Camera e Senato, Bertinotti e Marini, ''per manifestare la nostra amarezza perche' questa sentenza e' totalmente ingiusta''. Lettera dei genitori alle istituzioni: sentenza devastante I genitori dei 29 imputati per i fatti dell'11 marzo in corso Buenos Aires, a Milano, hanno inviato questa mattina una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al presidente del Senato Franco Marini, al presidente della Camera Fausto Bertinotti e al guardasigilli Clemente Mastella, in cui giudicano "devastante" la sentenza che oggi ha condannato 18 attivisti dei centri sociali a 4 anni, ne ha assolti nove mentre due hanno patteggiato. "La lettura della sentenza – così recita la lettera – ci ha confermato i timori che, in questi quattro mesi, abbiamo più volte manifestato. Condannare delle persone a 4 anni senza prove per concorso morale in devastazione e saccheggio ci fa rabbrividire, non solo come genitori ma anche come cittadini. Siamo molto preoccupati per una sentenza devastante per la nostra Costituzione e che va contro i diritti della persona. Continueremo a lottare perché sia fatta giustizia". Da ormai un'ora nel piazzale davanti l'uscita del carcere di San Vittore si sono raccolti una quarantina di attivisti dei centri sociali e numerosi genitori che attendono l'uscita dei ragazzi dalla casa circondariale. Alcuni di loro esprimono insofferenza per la lunga attesa.
—
Il Manifesto, giovedì 20 luglio 2006
11 MARZO, CONDANNE PESANTI E INGIUSTIFICATE
Il processo contro gli arrestati per gli incidenti di corso Buenos Aires si è concluso con 18 condanne a 4 anni per devastazione e 9 assoluzioni. Concessi gli arresti domiciliari per tutti
Non sono state individuate responsabilità personali, ma è stato accolto il teorema dell'accusa basato sul «concorso morale» e otto innocenti sono rimasti in carcere quattro mesi. Precedente inquietante, si sottolinea a sinistra. Una sentenza di compromesso, che ha ben poco a che vedere con la giustizia. Si conclude così il processo contro i 29 manifestanti antifascisti arrestati per gli incidenti dell'11 marzo in corso Buenos Aires: quaranta minuti di fronteggiamento con la polizia, due vetrine a pezzi, un negozio di An in fiamme e qualche macchina bruciata. Poco dopo il centro di Milano venne deturpato dalla parata nazifascista della Fiamma tricolore al grido di «boia chi molla». Da quel giorno 25 ragazze e ragazzi, tra venti e trent'anni, sono rimasti chiusi in carcere. Ieri il giudice per l'udienza preliminare, Giorgio Barbuto, ne ha condannati 18 a quattro anni di detenzione da scontare agli arresti domiciliari per lesioni, incendio e soprattutto devastazione e saccheggio, e ne ha assolti nove. Altri due hanno patteggiato e sono stati condannati rispettivamente a un anno e a 50 euro di multa. Dopo la sentenza, il presidio di fronte a palazzo di Giustizia si è trasformato in un corteo di 300 persone che ha raggiunto piazza Duomo. Poi a San Vittore e Bollate ad aspettare la scarcerazione. Significa, innanzitutto, che otto innocenti hanno passato quattro mesi di carcere preventivo solo perché quel giorno sono state fermate in corso Buenos Aires. Un abuso che da solo spiega la natura tutta politica di questo processo basato sulla ambigua nozione giuridica di «concorso morale». Per il pm Piero Basilone basta aver partecipato alla manifestazione per essere direttamente colpevoli degli incidenti, senza bisogno di dover dimostrare alcuna responsabilità personale. Si è voluto colpire nel mucchio, a volte sulla base di qualche foto, in altri casi senza alcun elemento di prova. Bisognava punire i teppisti come gridavano i media e come voleva buona parte del mondo politico, di destra, centro e sinistra. Così è stato fatto. E' difficile spiegare ai genitori dei ragazzi assolti – in questi mesi hanno fatto di tutto perché non venissero dimenticati – che i loro figli si sono fatti mesi di galera per niente. Una ragazza, ad esempio, è rimasta in carcere perché avrebbe portato dell'acqua ai manifestanti. «Finalmente una sentenza non solo giusta ma anche educativa – ha commentato l'ex guardasigilli leghista Castelli – tutti questi facinorosi che pensavano di ottenere l'immunità per il semplice fatto di devastare una città quali esponenti di sinistra ricevono una severa lezione. Spero che i magistrati di Genova che stanno svolgendo il processo sul G8 tengano conto di questa sentenza». Quanti anni dovrebbero allora dare ai «torturatori in divisa» di Bolzaneto?, chiede Vittorio Agnoletto. Pochi giorni fa anche il pm Basilone ai giornali parlava di «compito educativo» delle famiglie. C'è da chiedersi quale compito educativo abbia avuto questa vicenda e come possano queste famiglie spiegare quanto avvenuto ai loro figli innocenti. Ieri questi genitori non sono stati neppure ammessi in aula per ascoltare la sentenza, il gup ha letto il verdetto senza alzarsi in piedi e senza parlare «a nome del popolo italiano». I genitori, scandalizzati, hanno inviato una lettera al presidente della Repubblica, definiscono la sentenza «devastante per la nostra Costituzione». Qualcuno l'11 marzo ha bruciato le auto e rotto le vetrine. Ma questo processo non è stato in grado di dire chi. Lo si è capito con chiarezza ascoltando le udienze. Lo dimostra il fatto che, in attesa delle motivazioni, sia difficile capire cosa distingue gli assolti dai condannati e soprattutto perché le pene comminate non fanno distinzioni: 4 anni indiscriminatamente per tutti. L'impressione è che fosse più importante creare un precedente giuridico: tutti sono stati condannati in concorso morale per devastazione e saccheggio, un reato che risale agli anni Trenta, quasi mai applicato in processi politici e assolutamente sproporzionato rispetto a quanto accaduto in corso Buenos Aires. «Il ricorso ad accuse gravi ed improprie viene ormai teorizzato in diversi procedimenti – ha commentato il consigliere regionale del Prc Luciano Muhlbauer – e sempre in casi di manifestazioni politiche. Occorre aprire nel paese e nelle istituzioni una battaglia di civiltà per impedire l'affermarsi di una visione della giustizia subordinata alla politica». Certo, viste le accuse, poteva andare peggio. Il pm aveva chiesto pene da 8 a 9 anni, ridotte da 5 anni e 8 mesi a 6 anni solo in virtù del rito abbreviato. La sentenza del gup dà un colpo al cerchio e uno alla botte, assolve pochi e condanna molti, conferma l'accusa di devastazione eppure concede gli arresti domiciliari. Per questo Mirko Mazzali, avvocato della difesa, tutt'altro che soddisfatto, ha detto: «E' un primo passo verso l'accertamento della verità. Anche rispetto alle condanne di cui attendiamo le motivazioni e contro cui faremo appello». Almeno i condannati sono fuori dal carcere, anche se ora per loro e per le loro famiglie inizia un altro calvario per ottenere giustizia.